Sirenia – The Seventh Life Path

I primi ascolti a dir poco entusiastici lo stavano elevando su livelli così vertiginosi che quasi stentavo a crederci. Quelli successivi sono stati però poco positivi, denotando un chiaro appiattimento generale evidenziatore di alcune pericolose increspature. Il giudizio finale risulta in parte rovinato (forse è meglio dire scalfito) rispetto a ciò che poteva essere, la delusione completa continua comunque a girare alla larga in casa Veland.

I Sirenia arrivano al settimo capitolo discografico (passando su Napalm Records) e tengono pure fede al suo aspetto numerico, il disco prende così il nome di The Seventh Life Path e sembra voler ricalcare in pieno le orme intraprese dal precedente Perils of the Deep Blue. Sono arrivato lentamente alla conclusione che i due dischi siano equiparabili in tutto, soprattutto per quanto riguarda l’esatto valore dell’insieme (stessi alti e bassi), entrambi cercano di estendere a più non posso il concetto chiamato Sirenia, nel farlo si tenta di unire passato remoto con quello recente, passando logicamente per il presente ma con occhio attento verso il futuro e la raccolta di nuovi possibili adepti (che si leggono attraverso qualche partitura ritmica di chiara estrazione Nightwish, questa cosa un pochino li snatura devo ammettere).

D’altronde Morten Veland con le sue scelte ha sempre palesato la voglia di “sfondare”, da una parte qualcosa gli ha sempre impedito di farlo in misura completa e decisiva (il dietro front è stato abbastanza chiaro). Forse la paura di poter perdere definitivamente il vecchio zoccolo di estimatori deve averlo portato ad incrementare la portata messa in gioco, è sotto questa luce che devono aver preso vita gli ultimi due pargoli.

La durata sarà anche in questa occasione un nodo ben più che cruciale, lo diventa quando decidi di impostare una tracklist bella corposa, piena praticamente di soli mid-tempo (unica eccezione è rappresentata da Elixir) di non poca durata. La difficoltà in questi casi diventa il riuscire a tenere alta l’attenzione, e non far come dire addormentare l’ascoltatore. Oltre ciò si registra anche un maggior utilizzo della voce maschile, le canzoni ne traggono giocoforza vantaggio (senza fare torti alla voce di Ailyn, ma il rischio di abbondare troppo per sfinire era più che concreto), risultando in qualche modo “vive” e maggiormente aggressive.

Il disco comincia pomposamente con Seti (solita intro da sviolinare al momento dell’ingresso sul palco) e prosegue con l’eccezionale doppietta formata da Serpent e Once My Light, qui i Sirenia si dimostrano egregi maniscalchi dal tocco suadente e penetrante (la prima in particolare rende al massimo, sia sulle strofe di lei che sul carico refrain di lui). Ma sembra che le bontà si debbano in qualche modo “pagare”, così poco dopo troviamo anche le loro brutte -e lente- copie intitolate Sons of the North e Earendel (da sole si portano via quasi un quarto d’ora, la seconda sconfina amabilmente in territori black metal), certamente non così inascoltabili come si potrebbe ora pensare, ma clamorosamente spogliate dalla stessa e necessaria attenzione.

Fra di loro orbita l’ottima e “violenta” Elixir (unica canzone con Ailyn in veste di comprimaria), dopo arriva la pesante/dolciastra Concealed Disdain, ideale spartitraffico del disco e delle intenzioni attuali dei Sirenia. Insania riporta in alto il loro vessillo, strofa arrembante, ritornello arioso e cori introspettivi costituiscono la base di un pezzo difficile da lavare via. Su Contemptuous Quietus se la canta la sola Ailyn (il refrain è una delle cose più belle del disco) sino al rilascio finale da parte di Morten (sempre apprezzato), intanto The Silver Eye traghetta in fondo fra alti e bassi, direttamente in braccio alla conclusiva Tragedienne, una struggente, drammatica “dark ballad” dai forti echi lacrimevoli (bel modo di concludere, diverso da quanto sentito prima).

I Sirenia non cambiano le coordinate e rilegano secondo tempistiche di produzione un nuovo disco interessante, in positiva e stabile ripresa (sarà “riabilitazione” per qualcuno). I cori non mancano, la produzione per enfatizzarli al meglio nemmeno e anche la copertina fa il suo “tamarro” ma gradevole lavoro.

Anche se a volte si complicano un po’ il tragitto con le loro stesse mani non posso che caldeggiare The Seventh Life Path. Quotazioni in strano ed invariato rialzo.

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Riassunto

Napalm Records (2015)

Tracklist:

01. Seti
02. Serpent
03. Once My Light
04. Elixir
05. Sons of the North
06. Earendel
07. Concealed Disdain
08. Insania
09. Contemptuous Quietus
10. The Silver Eye
11. Tragedienne