Wolfheart – Wolves of Karelia

Non avevo avuto ancora occasione di parlare qui sul sito dei Wolfheart, un progetto nato dalla mente di Tuomas Saukkonen, già noto per i suoi Before the Dawn (quelli si già trattati) e per i trascorsi nei forse trascurati ma notevolissimi Black Sun Aeon. La volontà di cambiare nome alla propria forma musicale era stato sufficientemente chiaro da subito, a partire dal disco di debutto Winterborn, lavoro certamente intimista che lo vedeva non a caso completamente da solo alla fase di realizzazione. Poi i Wolfheart sono diventati un gruppo a tutti gli effetti, e la componente melodic black ha cominciato a prendere campo, appagando l’istinto primordiale del creatore. Ma se questa voglia di spingere è stata probabilmente la molla che ha fatto scattare la nascita dei Wolfheart, non possiamo comunque inserirli come appartenenza su tale genere sonoro. Chi li conosce lo sa, e sa soprattutto come convivere dentro le strutture mano a mano create e forgiate lassù nel grande Nord. I loro dischi sono tutti belli (soprattutto se andate solitamente a nozze con le sonorità finniche) tanto che quando penso a loro mi immagino un fotofinish di una gara dei 100 metri. Ho i miei preferiti? Direi di si, e sono Shadow World e l’ormai penultimo Constellation of the Black Light anche se mi rendo conto che gli equilibri sono davvero millesimali.

E in questa prima parte del 2020 ecco arrivare il quinto Wolves of Karelia (ancora su Napalm Records come il precedente), un lavoro compatto, che mette ancor di più in discussione la voglia di “fare classifiche” con loro. I Wolfheart hanno voluto imprimere accelerazioni più estreme sopra uno strato melodic death metal, un nome su tutti si erge come paragone ed è quello dei connazionali Insomnium, ma c’è da dire che la fusione degli elementi risulta abbastanza personale nonostante il pensiero vada in quella direzione spesso e volentieri. Era così in passato e lo è ancora adesso.

Ma Wolves of Karelia sa il fatto suo, è figlio di una consapevolezza coltivata ormai a lungo e se un primo ascolto può lasciare un pochino interdetti non è così dopo una sana dose di buona volontà. L’album difatti cattura, è ben esposto e vive su tempistiche più leste rispetto al passato. L’unica vera eccezione è rappresentata dalla conclusiva e splendida Ashes, un pezzo che con me ha sfondato la proverbiale porta aperta.

Saranno proprio l’inizio e la fine del disco ad infilzare i paletti di riferimento del tutto, da una parte avremo la magica Hail of Steel (ma quanto è bella!) mentre dall’altra la sua controparte Ashes. Nel mezzo tanto mestiere, ma un mestiere che riesce loro tanto bene.

Il vocione di Saukkonen è tratto distintivo e le strofe della già menzionata Hail of Steel (quanto adoro la loro cadenza) ne sono esempio lampante. La parte centrale di Wolves of Karelia è quella capace di crescere maggiormente nel susseguirsi degli ascolti; mi riferisco in particolare alla granitica Horizon on Fire (con quel suo “From Afar…”) all’oscura Reaper (il ritornello ci canta un collegamento evidente al tratto Before the Dawn) e a quella fiammata contundente/melodica chiamata Born From Fire (come cadere sempre in trappola di quelle armonizzazioni!).

L’accanito fruitore di melodic death metal lo sa anche meglio di me, semplicità ed efficacia sono di casa qui dentro. E così sporcati da quelle tastiere sottostanti non possiamo che accogliere a braccia aperte la nuova opera Wolfheart, un lavoro portato a compimento con l’usuale e lampante classe cristallina.

75%

Summary

Napalm Records (2020)

Tracklist:

01. Hail Of Steel
02. Horizon On Fire
03. Reaper
04. The Hammer
05. Eye Of The Storm
06. Born From Fire
07. Arrows Of Chaos
08. Ashes