Kataklysm – Unconquered

Il loro buon disco a casa i Kataklysm lo portano sempre (seppur con delle riserve a cui ormai abbiamo fatto il callo, e su queste ogni volta si gioca la partita per il gradimento). Con il mestiere che ormai supera di gran lunga la creatività, ed un semplice mix di burrascosi elementi, via con un nuovo “riciclo” pronto a tenerci con il fiato in sospeso per una moltitudine di incredibili motivi.

E’ più o meno dal 2010 che i nostri annaspano dentro un sound meno vincente e alla lunga anche meno brillante rispetto a quello prodotto prima (con un’unica eccezione per quanto mi riguarda: Waiting for the End to Come). Sia Heaven’s Venom che la doppietta formata da Of Ghosts and Gods e Meditations svolgevano il loro lavoro di sporca routine, lasciando “gli alti” in minoranza a favore di uno spirito di sufficienza sempre più elevato e dunque predominante. Ma come detto prima, dalla loro i Kataklysm hanno il mestiere e questa particolarità non li ha mai abbandonati. E’ proprio per questo motivo che mi risulta ad oggi impossibile riuscire a bocciare completamente un loro lavoro (forse ci sto provando per la prima volta proprio adesso). Posseggo ogni loro disco, e a seconda di determinate fasi li si riesce sempre ad infilare dentro per qualche ascolto, sia i Kataklysm di ieri che quelli “venuti dopo” diciamo. Il nuovo Unconquered prosegue la sfilza di dischi che i più esigenti metteranno inevitabilmente da parte, ma dalla sua riesce a sparare “qualche alto” migliore del solito e di ciò gli va dato merito.

E’ forse Unconquered il lavoro più debole della loro lunga carriera? E’ solo dopo il terzo ascolto che è cominciata a profilarsi questa ipotesi e tutto è da imputare “a certi bassi” più deboli del solito. Se paragoniamo questi pezzi ai fulminanti brani d’apertura (che sono per me da leccarsi i baffi) ecco che ti emerge uno sballottamento sensoriale mica da poco, qualcosa capace di passare dalle stelle alla stalle nel giro di pochi efferati minuti; ed è questo che finisce per spiazzarti e penalizzare un disco che comunque arriva alla fine integro, bello grasso anche se un pochino troppo “saturo”.

Unconquered canta di lotte interiori, della capacità di non piegarsi o meglio di “non farsi conquistare” dalla depressione e dalle difficoltà prodotte dai comportamenti sbagliati degli altri. Temi già sviscerati dalla band da tempo, ma una battaglia che arriva oggi con un messaggio più potente e ridondante del solito, messaggio che si collega alla tendenza di spaccare il brano con sicurezza ed estrema violenza.

Certo che le tre mazzate iniziali sono un vero sollazzo, The Killshot è quel pezzo che non ti sbagliano mai, Cut Me Down estrae cose dal cilindro At the Gates (un pochino di clamore la cosa lo genera e vede l’ospitata di Tuomas Saukkonen), mentre Underneath the Scars immette quello spirito melodico vincente che hanno saputo implementare con bontà e dosi sempre più massicce all’inizio della attuale seconda parte di carriera.

Se Focused to Destroy You e The Way Back Home lottano per l’assoluta dignità, lo stesso non posso dire di Stitches, Defiant e Icarus Falling, tre brani da non cestinare in toto ma che per un motivo o per l’altro finiscono invischiati nell’anonimato (il terzo menzionato prova ad alleggerire la manovra e dà sensazioni davvero contrastanti, riesco ad afferrarla ma non riesco a salvarla completamente). La conclusiva When It’s Over gira larga e lancia occhiolini alla melodia svedese, mi appare anche come quella capace di acquistare proseliti nel tempo, ma con timidezza.

Insomma, 38 minuti che tutto sommato scorrono quelli di Unconquered, un disco valido, salvabile, ma che cammina sul ciglio della sufficienza e forse lo oltrepassa in qualche frangente. A questo punto fate pure la vostra scelta..

59%

Summary

Nuclear Blast Records (2020)

Tracklist:

01. The Killshot
02. Cut Me Down
03. Underneath The Scars
04. Focused To Destroy You
05. The Way Back Home
06. Stitches
07. Defiant
08. Icarus Falling
09. When It’s Over