A due anni circa dal super promosso Ghosts of the Timeless Void rieccoci a parlare del progetto Ancst e del loro impulsivo blackened deathcore in occasione del nuovo disco intitolato Summits of Despondency.
Il disco esce ancora per Lifeforce Records e c’è da dire che il sodalizio tra le parti funziona particolarmente bene tra varie ristampe ed uscite “minori” (gli ep Anomaly e The Darkening sono stati esperimenti fortunati). Ma non c’è da nascondersi, il disco precedente aveva settato parametri decisamente importanti e il ruolo di Summits of Despondency era atteso al varco: sarebbero riusciti gli Ancst ad alzare ulteriormente la fatidica asticella? Avrebbero fatto quel salto di qualità capace di portarli altrove?
Il nodo della questione è tutto qui. Io l’ascolto con gioia Summits of Despondency, l’album mi piace e non ha poi dei grossi problemi alla fonte. Però se mi metto in mezzo al percorso a mente sgombra ed inizio a fare paragoni, prospettive e quant’altro il disco mi arriva alla fine parecchio indebolito (percepisco un senso d’incompiutezza ecco).
Quindi…salto rimandato, o fine di una certa brillantezza? E’ ancora presto per dirlo e le buone cose fatte sentire oggi lasciano tali domande sparse al vento o ad altre, future occasioni.
Gli Ancst non modificano le coordinate strutturali della loro musica ed iniziano come di consueto con il meglio composto per l’occasione. La prima parte del disco mostra così tutta l’efferatezza tipica della formazione tedesca, riuscendoti a tenere incollato alle cuffiette nella maniera più consona ed esaltante. I problemi (se così si possono definire) iniziano durante il secondo spezzone di Summits of Despondency; qui le canzoni sembrano perdere mordente e cercano di allungarsi a cavallo di melodia, solite “aspre sparate” ed introspezione. Tutto il blocco conclusivo subisce incredibilmente la mancanza di dinamismo, ma allo stesso tempo riesce a lasciarti qualcosa dentro perché lo stampo è quello, non puoi che percepirlo e lo spirito ferale della formazione emerge e piace. Ma sarà proprio questa sorta d’indecisione o di processo a “lunga maturazione” che finirà per mozzarmi adesso l’entusiasmo.
Gli Ancst con Kill Your Inner Cop imbastiscono un pezzo assoluto (pura epica rivalsa), una miccia che elimina scorie e lascia fluire le cose come meglio non si vorrebbe. Dietro di lei troveremo il ruggito di Inferno, la grande e “corpulenta” Final Hour, l’intrigante Praising the Realm of Loss sino ad arrivare al malinconico/incompiuto sfogo diviso in due parti di The Burden of Hope (la prima parte strumentale, la seconda pura sofferenza). Tutto bello e pronto a travolgerci come una gelida cascata, una sensazione che solo Abysm of Existence e …of Dying riusciranno a replicare con gorgogliante e melodica forza durante lo dispiegamento della seconda parte di tragitto.
Gli Ancst ritornano dunque e lo fanno per bene anche se qualche traccia d’amaro in bocca. Il disco l’ho preso lo stesso ovviamente, sono altri quelli da lasciare senza remore nei magazzini di provenienza.
Summary
Lifeforce Records (2020)
Tracklist:
01. Kill Your Inner Cop
02. Inferno
03. Final Hour
04. Praising The Realm Of Loss
05. The Burden Of Hope Part I
06. The Burden Of Hope Part II
07. Razed Eden
08. Abysm Of existence
09. …Of Dying
10. Denazification
11. Monotony Of Anguish
12. Monolith