Daylight Dies – A Frail Becoming

Straordinaria coerenza, un giuramento assoluto nei riguardi della “musica senza aria”, quella creata -tanto per intenderci- dai primi Katatonia (a cui aggiungerei i primissimi Opeth per certe uscite).

E’ dai tempi del nero come la pece No Reply che gli americani Daylight Dies sono avvinghianti al sound catatonico per eccellenza, ed è bello ritrovarli -praticamente immutati- ancora nel 2012 con A Frail Becoming, con ancora tanto da dire. Se eravate preoccupati per ammorbidimenti o cose del genere potete dunque stare tranquilli, sappiate che le parti vocali pulite appaiono solo in “secondo piano”, giusto di striscio su Sunset e A Final Vestige (senza invadere l’intensità di fondo, mentre su Ghosting collaborano per un’atmosfera decisamente più soft ma di certo non meno triste) e rendono il sound ancor più bello, rigoglioso ed impervio (la produzione è molto chiara, esprime potenza senza mai stonare, sono sempre loro ma va dimenticata la ruvidità dell’esordio per esempio), un condensato nemmeno troppo melodico per come ci avevano abituato con i dischi di mezzo (devo dire che da questo punto di vista mi hanno pure notevolmente stupito).

L’apprezzamento sale, e ascolto dopo ascolto A Frail Becoming dirama il suo mare di negativa ed impenetrabile bellezza. Il loro sound si sta pure plasmando in vaghi accenti personali, cioè l’influenza primaria resta chiara e tangibile, eppure una certa perseveranza sta dando i primi lenti frutti, a modo suo anche per quanto concerne il reparto personalità (il tutto gioca senz’altro a loro favore, a sfavore invece degli impazienti che non sapranno trovare il tempo e la forza di un disco di questo tipo).

I cupi e tortuosi percorsi percettibili in copertina sono l’impatto visivo ideale mentre si cade a capofitto in questo “stanzone privo di finestre”, ricordatevi di ascoltare bene l’opener Infidel (refrain per me epocale) perché oltre ad essere uno dei brani superiori del cd è anche l’unico ad avere un sapore immediato e dai toni confidenziali. La rimanenza appare esattamente come lo sfondo nero di copertina, una visuale che solo a tratti arriva a fornire piccoli tralicci di luce, una luce sempregrigia, ed è proprio quella di cui avremo bisogno quando decideremo se affrontare questo disco o meno.

The Pale Approach equivale ad affogare dentro la più autunnale delle malinconie (nemmeno a dirlo, è il periodo ideale o forse è meglio dire “unico” per l’ascolto), Sunset ne è la sua culla e Dreaming Of Breathing è pura poesia in grado di smuovere con ritmo e docili “arpeggiose” carezze. A Final Vestige inebria con la sua duplice veste mentre Hold On To Nothing e An Heir To Emptiness sono quanto di meglio potevamo aspettarci, praticamente un finale grandioso, con Hold On To Nothing in veste di Regina indiscussa, lacrimevole come poche, anche quando si lancia in un assolo di vitale e lacerante importanza. L’ultimo appunto di merito va al cantante Nathan Ellis, la sua abilità nell’emozionare è tanta, il suo growl è potente ed “invisibile escoriazione”, capace di estendersi a macchia d’olio sul mantello sonoro addobbato per l’occasione.

I Daylight Dies non cambiano, e anzi, quasi si mettono ad urlare dentro un megafono da quanto sono convinti. Se li adorate per come sono sempre stati accoglierete alla grandissima anche A Frail Becoming. Tiepide allucinazioni sopra una strada ricoperta da foglie, cadute solamente dopo il vostro spettrale passaggio. Quando questa negatività chiama, bisogna sempre rispondere.

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Riassunto

Candlelight Records (2012)

Tracklist:

01. Infidel
02. The Pale Approach
03. Sunset
04. Dreaming of Breathing
05. A Final Vestige
06. Ghosting
07. Hold on to Nothing
08. Water’s Edge
09. An Heir to Emptiness