Requiem For Us All è la seconda fatica sulla lunga distanza per gli italiani The Modern Age Slavery. Non serve molto per cogliere la forza che muove un disco che, più ascolto, più mi appare perfetto in ogni sua più piccola componente. Alcuni lo definiscono deathcore, ma finora nulla, in quella definizione, mi aveva mai catturato in modo così profondo e viscerale. Perciò lo chiamerò semplicemente death metal: nudo, freddo, meccanico, tecnico e anche crudo. Dotato di un “distacco strumentale” che diventa quasi il contrario della prova disumanamente umana di Giovanni dietro al microfono.
Questa duplicità è ciò che più mi ha impressionato. Requiem For Us All riesce a essere spartano e totalmente privo di stabilità, come un cavallo imbizzarrito, e te lo fa chiaramente percepire. Allo stesso tempo, però, è evidente il lavoro chirurgico che si nasconde dietro ogni micro-passaggio e ogni singolo mattone posto dai The Modern Age Slavery.
Si procede secondo dopo secondo solo con la dovuta attenzione, e così, frammento dopo frammento, si comprende l’entità del prodotto che ti è capitato tra le mani. Un tipo di materia capace di devastarti nel migliore dei modi, guidata dall’intuito o dalla sapienza di chi sa compiacersi senza mai scadere nell’autocompiacimento. D’altronde, cosa c’è di più temibile di una creatura selvaggia capace di padroneggiare, a piacimento, l’arte del controllo?
A loro basta poco più di mezz’ora, una durata né troppo lunga né troppo breve: esattamente il tempo necessario per annichilire, distruggere e soddisfare. Perché questo viaggio non ti dà un’esatta percezione temporale, siamo, di fatto, vittime consenzienti.
Scudisciate tremende, riff sputati fuori come se venissero lanciati a due millimetri dal nostro volto, la capacità di innestare quei tormenti interiori che ti accompagnano per un’intera giornata (icoooons of dooooom!!). Parti che si arrampicano su loro stesse senza mai scadere nella fastidiosa esibizione del “guardami quanto sono bravo a suonare”. I rallentamenti, quando arrivano, fanno davvero male, e quando ti accorgi delle abrasioni e delle cicatrici sparse sulla tua povera e decrepita pelle è ormai troppo tardi. Ed è bello così, fottutamente bello così.
Violenza, perdita delle facoltà, controllo, un che di mistico che aleggia di tanto in tanto. Tutto cucito su una produzione asettica che diventa un muro impenetrabile. Requiem For Us All non si piega. L’unica cosa da fare è accettarlo senza opporre la minima resistenza, lasciarlo vagare nell’aria insieme al caos che si porta dietro. Subirlo diventerà presto l’unica soluzione possibile.
Non c’è nessun riempitivo. I The Modern Age Slavery piazzano su una tracklist che si merita la massima attenzione. Pura decompressione psicologica fatta musica. Credo davvero che non serva aggiungere altro.
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80%
Summary
Pavement Entertainment (2013)
Tracklist:
01. Requiem For Us All
02. The Dawn Prayer
03. Obedience
04. The Silent Death Of Cain
05. Ivory Cage
06. Opiate For The Masses
07. Slaves Of Time
08. Icon Of A Dead World
09. Requiem To My Nation
10. Arise (Sepultura cover)