Hypocrisy + Hatesphere + The Modern Age Slavery + Nerve @Circolo Colony 25/09/2013

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27/09/2000-25/09/2013, l’inizio e la continuazione di un sogno (forse la fine? questo solo il futuro e varie ed eventuali potranno dirlo) chiamato Hypocrisy. Eh si, dopo tredici anni tredici torno a vedere dal vivo la band che mi aveva fatto innamorare di lei in sede live, la band che ho deciso di erigere a “preferita”, un contratto molto difficile da stipulare quando ascolti centinaia di band e molte di queste arrivano ad esaltarti. La chiusura di un personale cerchio avvenuta ad “ogni costo” in quel di Brescia.

E’ stato un brutto colpo per me vedere quanta poca gente è arrivata per goderseli (l’imminente data con gli Heaven Shall Burn poi successivamente cancellata non ha di certo aiutato, ma diamine, era questo il concerto al quale presenziare se loro contano realmente qualcosa nella nostra vita), si perché loro non sono cambiati (certo non c’è più Lars dietro alla batteria ma quella bestia di Horgh), questa cosa mi ha procurato un “fastidio interiore” placatosi solamente alla partenza del loro concerto con End of Disclosure. Posso solo immaginare il fastidio che può aver dato a Peter e soci realizzare come anche questa volta una sua creatura non abbia procurato un pubblico degno di nota in Italia (come fra l’altro per i suoi Pain). Purtroppo ormai è un dato di fatto, se non sei i Dark Tranquillity, Amon Amarth o qualche rassegna folk in questo paese fai poco o poco più, e fa realmente male vedere una band storica come gli Hypocrisy raccogliere praticamente briciole. Sono arrivato alla conclusione di dire “no,non ce li meritiamo proprio” e molto probabilmente sarà così in futuro perché dubito che passeranno nuovamente come headliner (sarò contento di essere smentito comunque). Proprio non riesco a capire come riempiano locali in tutta Europa e non in Italia, eppure loro sono sempre le solite macchine perfette e professionali (nonostante l’esiguo pubblico e il caldo, hanno suonato come se fossero davanti a centinaia di persone), la band che dal vivo ti appaga completamente con un gioco di luci sempre perfetto, dove melodia e brutalità non finiscono ma si incontrano continuamente e poi ragazzi a questo giro avevano preparato una scaletta da “paura pura” con il solo Catch 22 escluso completamente, ma li ci arriviamo dopo, ora il resto…e che resto.

Concerto aperto dai genovesi Nerve, gruppo che sta cercando da un po di tempo di emergere dal “calderone italico”, i ragazzi suonano bene nonostante i problemi alla batteria li blocchino in più di un occasione. Immagino come possa essere difficile suonare davanti ad un pubblico che nemmeno riempie la prima fila, ma tant’è riescono ad esprimersi al meglio, da rivedere in altra situazione sicuramente.

Altra storia con i The Modern Age Slavery, avevo “studiato” il loro nuovo disco giusto in previsione del concerto e non l’avevo metabolizzato al meglio, ma dopo tale performance ha preso tutto un piega eccezionale. I ragazzi sono perfetti, violenza pura, sputata in faccia con la giusta attitudine, “selvaggi ma quadrati”, un gruppo sul quale puntare a occhi chiusi, e a me non piace parlare o incensare qualcuno solo perché è Italiano. Ma qui ci troviamo di fronte ad un qualcosa di realmente importante. Bravi tutti partendo dal batterista per arrivare alla affilata coppia di asce. Non ultima la presenza scenica del singer, è sempre facile lasciarsi andare a proclami senza senso, io ho visto invece solo tanta umiltà e consapevolezza dei proprio mezzi, bravi tutti (finale concerto azzeccato con la giusta traccia –Icon Of A Dead World  se la memoria non mi inganna- sono comunque cose che si ricordano e che lasciano il segno).

E’ anche un peccato vedere come una band in giro dal 2001 come gli Hatesphere sia ancora poco considerata, loro sono ragazzi semplici ed umili, sorridenti aldilà di tutto. Il loro concerto è stato realmente buono (anche se un po tutti hanno avuto problemi di sound “impastato”). Sicuramente chi poco li conosce non sarà riuscito a distinguere una canzone dall’altra, ma brani come Disbeliever, Sickness in primis o 500 Dead People e Murderous Intent sono davvero tanta roba. Saliti sul palco in pantaloncini corti e “ciabatte” hanno fatto scuotere la testa bene bene, nota di merito al sorridente e mattacchione fondatore Peter Lyse Hansen e anche al nuovo singer Esben “Esse” (cin, cin)  che non sarà Jacob Bredahl (il suo spettro aleggerà per sempre) ma un qualcuno che ci mette comunque del suo a favore dello show si.

Pochi ma buoni dunque, pazzi e in delirio di fronte all’ingresso di Peter e Mikael sulle note di End of Disclosure (opener solo per supporto al nuovo disco, l’opener ideale e definitiva resta Fractured Millenium), poi è il caos a regnare sovrano su Tales of Thy Spineless, in certi momenti irriconoscibile ma pur sempre devastante. Ormai la miccia è accesa Fractured Millenium ricorda a tutti perché siamo qui ad ommaggiare questa band e Left To Rot mi commuove come non avrei mai pensato, questo è Death Metal cazzo! (un bel concertino di soli pezzi dei primi due dischi è pura utopia ma sarebbe davvero gradito). The Eye riesce bene in sede live  (ultima traccia tratta dal nuovo disco vista l’esclusione di 44 Double Zero) poi è The Abyss a rallentare le cose. Su Necronomicon Peter fa qualche somma anagrafica, poi è una Fire in the Sky un po confusa ad esaltare la platea. Valley of the Damned fa sgolare più di una persona mentre Buried -come mi aspettavo- mi fa uscire letteralmente fuori di testa (murdered, buried, forgotten…another life destroyed !!) con la sua ripartenza. Elastic Inverted Vision è la solita perfetta e lenta promessa di rivedersi all’inferno, canzone che non può mancare nella loro setlist (più canzoni dal disco omonimo porca zozza!) poi è Warpath mandare ulteriormente in delirio tutti con il suo epico refrain. Il bis -privato dalla seminale e monolitica Final Chapter–  (che sia dannata la scarsa affluenza se è la causa per la quale me la sono persa) è aperto dalla storica Roswell 47 (ogni commento è superfluo, la loro canzone più conosciuta in assoluto) seguita a ruota dalla “three songs in one”  Adjusting The Sun, beh, sentirla live è pari ad un orgasmo, meglio non dire altro nel caso ci fossero minorenni in lettura. Chiusura definitiva affidata all’acclamata Eraser, avrei fatto altre scelte a riguardo ma gli Hypocrisy sono gli Hypocrisy e possono fare quello che vogliono con la loro sconfinata scelta di tracks.

Un Tagtgren stanco e ultra stra-sudato ringrazia e noi non possiamo far altro che ringraziare lui per la professionalità esibita (sembrava particolarmente scazzato prima del concerto). Voi continuate pure ad andare ai soliti concerti, i pochi presenti se la sono goduta meritatamente, anche se per un eventuale bis ho come l’impressione che dovremo fare molti chilometri.