El Paso, Texas, Stati Uniti: un unico demo nel 2005 (Ceremonial Crucifixion), poi il silenzio fino al 2012. Quando suoni death metal mefitico e cerimoniale, non importa quanto stai lontano dalla ribalta. Quel che conta è rispondere alla chiamata dell’ispirazione quando essa si manifesta, o cogliere il momento propizio. Così gli Hellvetron vengono “arruolati” dalla Hells Headbangers Records. E i 25 minuti di Death Scroll of Seven Hells and Its Infernal Majesties diventano il loro primo lercio full-length.
Il mostro dalle sette teste prende forma attraverso sette inferni sonori, materializzati in un death doom che sorprende andando “contro le regole”, proponendo pezzi brevissimi e fulminanti nel loro strano approccio. Di solito, in questo tipo di lavori, è l’insieme a contare; qui, invece, si viene subito trascinati all’interno dell’opera.Riff tetri e lugubri che si stringono attorno alla gola, mollando la presa solo un attimo prima che sia troppo tardi. Gli Hellvetron sembrano arrivare per declamare il loro cerimoniale, per poi dissolversi in una nube rossa e nauseabonda.
Ogni tanto è necessario fare qualche salto nei territori più oscuri dell’underground, e quando ti trovi di fronte a dischi come Death Scroll of Seven Hells and Its Infernal Majesties, non puoi fare a meno di esultare con il forcone in mano. Il death metal degli Hellvetron è lento e maleodorante, putridamente doom, insozzato da reminiscenze black metal vecchio stile.
La particolarità del lavoro sta nella sua durata. Solitamente, dischi di questo tipo sono autentiche maratone, con cadenze solenni ed esenti da ogni tentativo di accelerazione; qui, invece, assistiamo all’opposto. L’album dura appena 25 minuti, con sette brani che si susseguono rapidamente, quasi accavallandosi.
Quello che colpisce subito è l’immediatezza. Un aspetto questo che va di pari passo con una durata, se vogliamo, esigua. I brani – inaspettatamente – fanno subito presa grazie a un sound capace di valorizzare perfettamente ciò che la band intende evocare: profondità, squarci malefici che emergono dalla calda terra, morte e distruzione come unico intento. Le due parole perfette per descrivere la loro musica sono “infernale cerimoniale”, né più né meno di quanto riescono a evocare con il loro suono.
Se i minuti scorrono con una discreta fretta, lo stesso non si può dire delle chitarre, che con estrema calma e palpabile tensione costruiscono riff su riff, guidate da chissà quale diabolica mano.
Death Scroll of Seven Hells and Its Infernal Majesties non mette in risalto un elemento specifico, ma proprio per questo invita ad essere assaporato nella sua interezza, come una grossa pastiglia da ingoiare senza esitazione. Sarà l’insieme a stimolare l’appetito. Un fluire serpeggiante di magma che diventa, passo dopo passo, sempre più ingombrante. Quando il songwriting cede il passo all’atmosfera di base, nascono gioielli sonori come questo. Nessun pensiero superfluo. Solo la qualità concreta di un prodotto solido, e ben stampato nella mente.
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70%
Summary
Hells Headbangers Records (2012)
Tracklist:
01. Sheol – Grave of Supernals
02. Abbadon – Wings of Perdition
03. Titahion – Foul Eaters of the Clay of Death
04. Bar Shasketh – Fathomless Pit of Destruction
05. Tzalemoth – Shadow of Death
06. Shaari Moth – Ominous Gate of Death
07. Gehinnon – Hellwomb of the Impure Hag Queens