Locrian – Return To Annihilation

Locrian – Return to Annihilation: Musica per l’estinzione del pensiero

Oggetto Locrian. Da dove si parte?
Beh, partiamo col dire che entro in contatto con questa entità americana solo adesso. Non che siano in giro da un’eternità (parliamo del 2005/2006), ma caspita se sono stati prolifici. Immagino che le varie cose prodotte prima del qui protagonista Return To Annihilation (salto non da poco alla corte della Relapse Records) non siano così facilmente reperibili. Diciamo che hanno amato giocare a nascondino fino a questo preciso momento.

Ma da oggi si smette di scherzare, perché qualcosa dovrà inevitabilmente cambiare. Vuoi per la promozione massiccia e l’attenzione ricevuta (ci metto dentro anche l’artwork), vuoi per la forte creatività espressa su disco, e ancora per un sound che incarna caratteristiche oggi particolarmente ricercate.

Eh sì, perché da qualche parte sembra esserci un rigetto per la convenzionalità, e molti si stanno spingendo verso sonorità massicce, grigie, fredde e strazianti. Suoni che sembrano apatici ma che, sotto sotto, rivelano una tetra forma di carnalità primordiale.

Chi cerca forma resterà deluso (o forse no)

Return To Annihilation assume così la forma di un viaggio confuso in mezzo a lame e lamiere: si avanza a fatica, ci si trascina carponi in un mondo cupo e nebbioso. I Locrian portano l’ascoltatore all’indecisione, alla totale incomprensione di ciò che ha di fronte. Ti chiudono in gabbia e, poco a poco, scopri che… forse non è poi così male. Ti ritrovi a strisciare tra movenze dark ambient/noise, momenti post-rockeggianti e segmenti black metal “zozzi” che farebbero invidia alle più estreme band underground da scantinato.

Introspezione, sogno e sensazioni viscerali si alternano costantemente. La breve Eternal Return è già un piccolo riassunto in apertura, ma ciò che segue non sarà altrettanto semplice. Già con A Visitation From The Wrath Of Heaven si capisce che tipo di universo ci aspetta. Tutto pare stagnante, terribilmente statico… e proprio quando ti ci abitui, ti aprono un portale davanti. Un portale sul vuoto.

Ho provato a capirlo, Return To Annihilation, giuro. Ci ho provato, ma poi ho capito che l’unica via possibile era quella di consegnarsi, senza opporre sterili resistenze mentali. L’ho capito al secondo ascolto, precisamente durante Two Moons. Potrei metterla in loop e andare in trance per ore senza il minimo problema. Sono queste le bellezze e le stranezze della musica.

L’impalpabilità come scelta espressiva

Il suo essere così impalpabile lo rende esente da qualsiasi tentativo di valutazione numerica. Col piffero che mi metto a spremere ulteriormente il cervello per tirare fuori un numerino inutile, qualcosa di materiale che non potrebbe comunque restituire l’essenza di quello che si sta vivendo. Qui domina il concetto di “niente”, la magia inqualificabile del suono. Onde irrazionali da lasciar fluire addosso, più e più volte, senza preoccuparsi troppo.

Ma ho già parlato troppo. È giusto non svelare tutto, perché Return To Annihilation deve conservare quell’effetto da film capace di sorprenderti all’improvviso. Da questo punto di vista, la title track rende perfettamente quell’idea.

L’ideale colonna sonora per un mondo allo scatafascio. Ci voleva qualcosa di malato, ma non eccessivo né cervellotico. Qualcosa capace di restituire persino una strana, contorta idea di controllo. Quel controllo che rincorriamo ossessivamente, e che ci imponiamo ogni fottuto nuovo giorno di vita.

Riassunto

Relapse Records (2013)

Tracklist:

01. Eternal Return
02. A Visitation From the Wrath of Heaven
03. Two Moons
04. Return to Annihilation
05. Exiting the Hall of Vapor and Light
06. Panorama of Mirrors
07. Obsolete Elegies

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