Nel cuore oscuro del Brasile: il viaggio strumentale di Arvorar
Nessuna notizia all’orizzonte su questa entità nascosta proveniente dal Brasile, chiamata Arvorar. Certo, accostare termini come black metal o dark ambient all’immagine della foresta amazzonica provoca sempre una sorta di leggero, strano prurito mentale. Ma tali “sciocchezzuole” vengono subito grattate via sin dai primi istanti, durante la fredda accoglienza orchestrata dall’introduzione Absence.
Il breve ascolto, interamente strumentale (32 minuti, nati come demo e poi ristampati in appena 50 copie dalla Le Crépuscule du Soir Productions), scorre tiepido, senza proporre il minimo rischio né creare particolari problemi. In pratica, se vi siete imbattuti in questo tipo di prodotto, è probabile che la vostra soglia di sopportazione musicale sia già ben allenata. La musica di Arvorar si fa cupa e opprimente quanto basta, ma riesce comunque a mantenere su di sé una luce strana, storta, fioca, ma presente.
Efficace, manieristico (quanto si vuole) e semplice: sono queste le parole che balzano subito all’orecchio. Recede propone note di trasporto e di sarcastica compagnia. È un lavoro che ha come unico scopo quello di traghettare l’ascoltatore in un paesaggio immediatamente arido e depressivo.
Parte elettrica e parte atmosferica si dividono il palcoscenico secondo copione, e quando l’unione fa la forza, non resta che restare immobili, quasi ipnotizzati, da quella sensazione che – in fondo – cerchiamo e apprezziamo. L’ombra del Burzum più atmosferico e rarefatto aleggia costante su questo progetto: Recede rema con convinzione in quella direzione, e basta ascoltare il sospiro (forse una tastiera?) che si percepisce in lontananza nella title track per rendersene conto. Una traccia martellante e ossessiva, che mette in mostra l’essenzialità e l’efficacia dell’operato di Arvorar.
Recede è un passaggio fugace, ma capace di lasciare una traccia profonda
Reflection è l’altro punto forte dell’uscita. Sembra quasi di cogliere, con occhi ciechi ma vigili, l’istante in cui la notte cede il passo al giorno. Un piccolo, leggiadro trionfo estatico. Qui si esplora un territorio non distante dal miglior Vinterriket, un’atmosfera che ritroveremo svolazzare anche nella più lunga Recall, dove timidi rintocchi ci accompagnano verso il tanto agognato silenzio finale.
L’unico vero rammarico è che si giunge alla fine troppo in fretta. Non c’è il tempo necessario per creare un habitat solido e sicuro. Le cose non riescono ad attecchire del tutto, e si ha quasi l’impressione di essere lasciati orfani proprio nel momento migliore. Questo è, probabilmente, l’unico vero punto debole di Recede.
Tra gli incentivi, vale la pena segnalare la tiratura limitata e l’oscura, nebulosa copertina. Perfetto specchio delle sonorità che ci attendono. Recede è un percorso naturale, ideale per chi è alla ricerca di qualcosa di estremamente semplice (c’è ancora qualcuno là fuori?) e scolastico. Qualcosa ancora capace di tenere saldo il timone su una costante sensazione di assenza, affiancata dall’unico compagno possibile: il vuoto.
Riassunto
Le Crépuscule du Soir Productions (2011)
Tracklist:
01. Absence
02. Recede
03. Reflection
04. Recall