In Slaughter Natives – Cannula Coma Legio

Cannula Coma Legio – Il ritorno oscuro di In Slaughter Natives

Quest’uscita In Slaughter Natives non può essere definita come un vero e proprio full-length, poiché non è composto interamente da materiale inedito (solo tre i brani davvero nuovi), ma poco importa: Cannula Coma Legio è talmente meticoloso nella sua costruzione da lasciare pietrificati e allibiti. Non so in che misura, o con quale intento, sia stata ricercata questa ineluttabile linearità (costanti macerie di malumore), ma posso assicurare che l’album riesce a intrappolare l’ascoltatore dall’inizio alla fine, grazie a un unico, preciso e onnipresente denominatore comune.

Ci voleva il ritorno di Jouni Havukainen sotto il monicker In Slaughter Natives (troppi anni sono passati, davvero troppi). Inutile girarci intorno: è fortissimo – quasi fastidioso, al punto da farti sentire colpevole – il senso di trovarsi di fronte a un maestro del genere, a qualcuno che ha sempre trattato la materia oscura con padronanza assoluta, come chi ci sguazza dentro con naturalezza, guardandola dall’alto verso il basso, con sguardo personale e distaccato.

Quando il dark ambient si fa carne e colpisce a fondo

Ogni volta che si entra in collisione con una composizione di questa creatura, si prova un fastidio lucido per la sua perfezione (dannazione). Per quella sensazione puntuale di smarrimento che inevitabilmente ne deriva. Cannula Coma Legio, ovviamente, non fa eccezione. Questo nuovo parto è maestoso nel suo avvicendarsi, sembra sibilare da lontano, da un’ipotetica linea d’orizzonte, ma poi ti ritrovi ad averlo addosso, vicino al punto da farti sobbalzare le viscere.

C’è tutta la determinazione di Havukainen incisa dentro, c’è la sicurezza di chi sa esaltare ogni singolo momento (a prescindere dalla forma che vuole conferirgli), ma soprattutto c’è la consapevolezza, costante e autoritaria, di essere tornato per colpire. Per ferire dritto al cuore del nostro vuoto circostante.

Plague Walk My Earth è la fine. E da lì è solo discesa

Il marziale che sposa rovine industriali, l’epico e il pomposo che si dissolvono in fuliggine. L’incombenza che perfora le orecchie, un suono che riempie e fa tremare tutto. Vi sfido a reggere l’onda d’urto provocata da Plague Walk My Earth: le sue campane sono un conto alla rovescia per la fine del mondo. Saremo spazzati via ancora prima di entrare, ammesso che si possa anche solo pensare di farlo. C’è forse introduzione migliore per una creatura discografica tanto attesa?

Sarà come camminare su braci ardenti. Definition of Being Alive rimbalza come un’eco, si innalza grazie all’odio velenoso trasmesso dalle vocals. Noi iniziamo a renderci conto del nostro ruolo di “ignari contadini coltivatori di ansia”, mentre la materia si sgretola davanti a noi, in pieno corso d’opera. Silent Cold Body dovrebbe essere insegnata a chi muove i primi passi nel dark ambient: “lo senti quel nodo in gola, figliolo? Ecco, significa che stai ricevendo il messaggio come si deve.”

Il rumorismo è centellinato, inserito con cura come elemento di sostegno più che di distruzione. Non è mai esagerato o invadente: preferisce un “gioco di fioretto”, capace di colpire invisibilmente, più e più volte. Il volume della produzione ti azzanna. Arrivi a percepire ogni singolo microbo che scorre sul nastro, e ogni volta è un godimento come se fosse la prima.

Un epilogo viscerale firmato In Slaughter Natives, a chiusura di un viaggio tra angoscia e bellezza

L’intero percorso che ci viene proposto (se i Dead Can Dance fossero solo “nero pece”, probabilmente scriverebbero qualcosa di simile a Venereal Comatose/Closed My Eyes) verrà prima premiato e poi svelato sulle note di Ignis Et Scalpello/Angel Meat. Solo a quel punto ci verrà consegnato il nostro premio definitivo. E non dovremo stupirci se alcune lacrime d’assurdità ci attraverseranno durante l’elevazione emotiva del finale, capace di spazzare via ogni cosa. In questo, è certamente aiutato anche dall’epilogo onirico e viscerale di Three Three Three, in assoluto uno dei migliori momenti mai scritti dal progetto, perfettamente collocato nella tracklist.

Un’ora tormentosa quella confezionata dal progetto In Slaughter Natives, incombente, senza nemmeno una stilla di noia. Il digipack, in tiratura limitata di 1000 copie, è curato dalla sempre affidabile Cyclic Law. Estrarre Cannula Coma Legio quando l’umanità sarà sconvolta da qualche apocalisse non avrà prezzo.

E chissà, magari ci renderà anche persone migliori.

Riassunto

Cyclic Law (2014)

Tracklist:

01. Plague Walk My Earth
02. Definition Of Being Alive
03. Silent Cold Body
04. Venereal Comatose / Closed My Eyes
05. Left Arm Right Arm As My Path
06. Gaudium Et Alia Vitia
07. Ignis Et Scalpello / Angel Meat
08. Three Three Three

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