Dissidio – Thisorientamento

Dissidio – Thisorientamento: caos, teatro e adrenalina sonora

Magnetico, possente, bilanciato e istrionico questo lavoro dei Dissidio. Assemblato così bene da finire per divorarti brano dopo brano, entrandoti dentro in simultanea, a seconda dell’uso e consumo dei reparti e dei caratteri sempre guizzanti. Non importa da dove lo si osservi: i lampi sono imprevedibili, ed è forse questa la vera costante di tutto il disco. Lo chiameremo “alternative rock” solo per mancanza di termini più precisi, perché vi renderete presto conto da soli di come questa etichetta non basti affatto. Le chitarre, per inciso, “pesano” e nemmeno poco: pensate, ad esempio, alla canzone La “parole” (fine a se).

Thisorientamento. Così perderemo l’equilibrio mentre esplosioni ebbre d’adrenalina ci attaccheranno all’improvviso. Non ci viene chiesto neppure il permesso di catturarci o di trascinarci nel loro specifico calderone, talmente ricolmo d’idee da rischiare l’inevitabile scoppio da un momento all’altro.

I Dissidio sono veritieri, irriverenti, ciondolanti dispregiatori di situazioni convenzionali, “finto-banali” e poi – inevitabilmente – rocambolesche. Il loro Thisorientamento è una “recita dura”. Un giocherellare su atti diversi, sensazioni che s’incontrano per uno sfuggente attimo all’incrocio, ma che in qualche modo restano sempre accomunabili e incastrate fra loro. Già dopo un solo approccio, le cose cominciano ad avere un loro percorso e una loro precisa vita indipendente. Che sia l’inizio di una canzone, una sfuriata elettrica o delle semplici parole, sono questi piccoli aspetti a determinare la “specialità” di un disco. Non giriamoci troppo attorno: lo sappiamo tutti.

Istinto e dinamica: quando voce e ritmo diventano narrazione

Un caleidoscopio sconquassante guidato dalla voce di Michelangelo Mercuri (la sua erre moscia funge da “suggello” al resto del carnet qui esibito), che si mette a fare un po’ di tutto. Sempre guidato dall’istinto o dall’umore specifico della canzone (come non tirare in ballo il “già must” Pezzo di sfiga?). Ma la faccenda si svolge altrettanto bene anche in sede ritmica, con la batteria calzante di Francesco Procopio e il basso di Valentino De Vito, sinuoso e pronto a confortare o illudere, a seconda delle occasioni.

Ha Ha Ha apre con rabbia schiacciante (diamine, sono finito a pensare persino ai Sepultura era Roots). Il suo compito è quello di farci prendere posto, adibirci all’incontro con eventi particolari. Eventi che si manifestano già a partire dalla seguente Qualcosa di meglio da dire o dalle forme eclettiche di Uniforme-Mente e Vetrinaspecchio. La breve 9, composta da Lili Refrain, getta sul disco uno sguardo rituale e spiazzante, apripista del segmento conclusivo formato dalla scorbutica, oscura e circense Se Si Sa Si Sa, Sai?, dalle tragiche verità di Saturday Night Dead (giostrata alla grande nella sua lunghezza) e dall’atto narrativo finale Ciao, Ciao (pt.2), capace di decollare e lasciare piccoli brividi improvvisi.

Esemplare esposizione su come scimmiottare le folle. Un disco di spicco per il nostro territorio, così bellamente dannato, balordo e malconcio da essere infinita fonte d’ispirazione. Da non escludere la forza attinta dagli ACME Recording Studio (che ogni volta non posso fare a meno di citare), ormai sempre più sinonimo di qualità e di autorevole eleganza.

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Riassunto

Overdub Recordings (2015)

Tracklist:

01. Ciao, Ciao (pt.1)
02. Ha Ha Ha
03. Qualcosa di meglio da dire
04. Uniforme-Mente
05. L’amore è un lavoro strano
06. Pezzo di sfiga
07. Vetrinaspecchio
08. La “parole” (fine a se)
09. 9
10. Se Si Sa Si Sa, Sai?
11. Saturday Night Dead
12. Ciao, Ciao (pt.2)

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