Damngod – Humanity : The Legacy Of Violence And Evil

Damngod – Humanity: The Legacy of Violence and Evil: death/thrash senza fronzoli

Humanity: The Legacy of Violence and Evil a firma Damngod è un ottimo passatempo. Un prodotto facile facile, limpido limpido da ascoltare e sviscerare per benino. Un disco dove ogni piccola problematica è schiettamente bandita dal giro. Il classico album in cui le canzoni si susseguono intensamente e senza alcuna sosta, un “posto” dove la formazione di turno ha come unico pensiero quello di suonare nella maniera più marcia e sincera possibile.

Il sound di base parte dal puro death metal svedese caro a gente come Entombed, Dismember e Grave, ma l’ascolto generale è alleggerito da costanti e “malfamati” inserimenti thrash metal. Pur muovendosi su strade abbastanza differenti, i Damngod potrebbero anche dichiararsi simpatizzanti di Aura Noir, Hellstorm, Nocturnal Breed, Ashes e Vermin, o più in generale di quelle formazioni intenzionate unicamente a commettere sana e perpetua caciara.

Tiro a muso duro e marciume controllato

In questi casi, la linea che separa una valutazione pienamente sufficiente (la base minima del prodotto) da una un po’ più generosa è davvero sottile. Le canzoni ci sono: tutte e otto sono in grado di soddisfare l’ascoltatore voglioso di trascorrere mezz’ora di sano e oleoso headbanging. Di quello fatto come il capro comanda. Tutte hanno tiro, muso duro e ritmo giusto. Le chitarre sono sempre intente a scavare fetide buche per dare alloggio a vocalizzi rochi, depravati e dagli aspetti mortali. Le potenti badilate delle sei corde faranno sorridere ed esaltare nella maniera più consona possibile, mentre quella costante aura di “leggerezza” – data dagli interventi thrash/speed – farà sbatacchiare per bene i nostri poveri corpi su e giù a più non posso.

Anthem violenti, immediatezza, anfratti melodici. I Damngod sono un po’ tutto questo. A volte danno l’idea di cercare la serietà, mentre in altri casi è il cazzeggio a dominare congruamente la scena. Di pari passo si muove la prestazione vocale, sempre pronta a trovare il proprio habitat nello stile sonoro intrapreso. Non manca poi un certo feeling r’n’r a sovrastare il tutto. Anche gli assoli si uniscono al banchetto, finendo per impreziosire ulteriormente la ricetta imbastita.

Un album che non impressione ma funziona

Il consiglio è quello di insistere un pochino, anche di fronte a un possibilissimo e deludente primo ascolto. Le canzoni, piano piano, schiudono la loro primitiva essenza, facendosi apprezzare per ciò che realmente sono. A voler cercare bene, alcune soluzioni non sono nemmeno troppo banali. E’ questo, alla fine, ciò che è riuscito a convincermi.

Non vi resta che alzare il volume dello stereo e far schizzare fuori pallottole come Father of the Year, First Lady, Blood Church (il suo finale è un mio apice) e Smiling From My Grave, giusto per poter inneggiare in santa pace alla mitica e sempre sana “vecchia scuola”.

Humanity: The Legacy of Violence and Evil di sicuro non impressiona, ma il suo sporco lavoro lo compie lo stesso.

  • 65%
    - 65%
65%

Summary

Longplay Music (2011)

Tracklist:

01. Father of the Year
02. Feeling Bad Never Felt So Good
03. First Lady
04. Blood Church
05. Smiling from My Grave
06. Warlike Mind
07. Brother No. 1
08. Zyklon Golgotha

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