Mistweaver – Nocturnal Bloodshed

Spassionato amore per la Svezia e Dan Swanö messo in cabina di regia a controllare che tutto si svolga secondo le regolarità del caso. Non potrà che finire in “scorpacciata” per l’appassionato (meglio dire “ossessionato”, quando sei dentro certe cose le capisci meglio) di ogni tipo di miscelazione death/black metal scandinava. L’unico “patto” da stipulare sarà l’inclusione del fattore melodico, imprescindibile e scontato se vogliamo, ma i gusti si sa, sono vari e strani, certe volte non sai mai dove ti portano.

I Mistweaver sono spagnoli e con Nocturnal Bloodshed arrivano al quinto disco in carriera, anche la copertina dalle tinte violacee contribuisce alla dislocazione temporale, sembra difatti di ritornare da qualche parte negli anni ’90, con anima, cuore e quella voglia di dare alla luce nulla più che un buon disco. E i Mistweaver ci riescono anche se non impressionano (impressionare è già difficile anche per i cosiddetti maestri), per riuscirci dovevano dipingere ulteriore “superiorità melodica”, qualcosa di veramente eclatante capace di raggiungere determinati fasti ormai stabilmente contrassegnati. Il nostro compito -in questo caso- diventa quindi salvaguardare, e se non puoi ambire ai vertici, accontentati di ciò che vive poco sotto, Nocturnal Bloodshed da questa particolare visuale potrà finalmente fare voce grossa e rilevante.

Così emergono il gusto e il sentimento, 42 minuti che scorrono veloci, piacevoli ma soprattutto indolori, niente scelte azzardate, nessuna nota stonata. Si bada al sodo e lo si fa bene, non serve (forse) aggiungere altro, da quel momento in poi entreranno in scena i gusti, le sopportazioni, le voglie, le percentuali di sopportazioni a generi e sotto generi, la classica risposta che ricevono gli album che non aggiungono niente a quanto già espresso se non ampie dosi di sacra e ardita passione. Io sto con loro anche se c’è di meglio (e di peggio, questo è un gioco del tutto naturale), i Mistweaver si ritagliano un bel posto nel centro, in quell’insieme silenzioso che lavora e lavora, per vedere magari solo la metà degli sforzi esauditi.

Il sound riempie, chiaro e cristallino già nella opener The Birth, da quel punto in poi non ci fermeremo più, le chitarre vengono strigliate, mentre le tastiere risultano massicciamente presenti nel coprire i buchi con ulteriore melodia. Il growl è bello chiuso e non apre a possibili o eventuali spiragli, ci mette in mano la pala con un unico messaggio di fondo: “scava!“.

The Biggest Threat azzanna senza ripensamenti, Pandemonium “alleggerisce” il peso inserendo apprezzati vocalizzi femminili (un po’ tutto l’apparato vocale porta alla memoria i Therion) in più di una occasione. Il disco prosegue con tiro, la confidenza sarà immediata e consolidata dalle varie Hell’s Arrival (dalle aperture affascinanti), God Is Dead (possenti echi alla Amon Amarth e non solo) e title track (la più lunga e misteriosa con i suoi sette minuti, la declamazione del refrain potrebbe ricordarvi il binomio Naglfar/Dissection). Meno convincente Perpetual Darkness che però si salva in extremis grazie al ritornello, End of Times riporta in scena il gentil sesso per un nuovo avvincente e gustoso duetto, diciamo che se non sapessi della loro nazionalità non tarderei nel definirli 100% svedesi in questa precisa occasione. A Deceivers’ Fall spetta il compito di chiudere, oscuro e costante martoriamento affiancato da tastiere in qualità di penetranti gocce nere.

Nocturnal Bloodshed è stato stampato in prima battuta sul finire dell’anno 2014 (grazie allo sforzo di tre etichette), poi è stato riproposto in “modalità capillare” dalla Suspiria Records durante i primi mesi del 2015.

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Riassunto

Satanath Records, More Hate Productions, Envenomed Music (2014), Suspiria Records (2015)

Tracklist:

01. The Birth
02. The Biggest Threat
03. Pandemonium
04. Hell ́s Arrival
05. God is Dead
06. Nocturnal Bloodshed
07. Perpetual Darkness
08. End Of Times
09. Deceivers ́ Fall