Le prime parole che hanno anticipato l’uscita di Hell Money erano intrise di sorpresa e curiosità: cosa aveva in serbo per noi Jérôme Reuter con i suoi Rome questa volta? Cosa dovevamo davvero aspettarci?
Con ogni nuova uscita, la creatura Rome genera sempre più rumore attorno a sé, non fa eccezione questo Hell Money. E con il rumore crescono inevitabilmente anche le aspettative, che si ingrossano ad ogni disco come l’alta marea. Per chi scrive, la discografia di Rome rasenta la perfezione: Reuter sembra in grado di scrivere musica di una qualità superiore impiegando metà del tempo rispetto a un artista comune. Quanto durerà questo stato di grazia iniziato con la prima release e proseguito, con maniacale costanza, fino ad oggi?
Hell Money è, molto semplicemente, l’ennesima dimostrazione di classe innata. È al tempo stesso una novità e una conferma, un’opera che rinnova senza tradire. La discografia Rome è piena di musica intensa, profonda, ricercata, eppure questo nuovo disco riesce a distinguersi per tepore e intimità. È stato concepito per essere diretto, meno intricato del solito, ma – rovesciando le aspettative – necessita quasi di più ascolti per essere assorbito del tutto. E qui risiede la sua magia: le canzoni sono ermetiche, taglienti, ti arrivano “in faccia”, ma richiedono una gestazione più lenta, più profonda.
Il disco è vibrante, e la registrazione cristallina ne esalta ogni dettaglio. È una produzione che sembra già pensata per il live, con una chiarezza che mette a nudo anche il più piccolo suono o la sillaba più sussurrata.
La voce di Reuter: intima, spigolosa, totalizzante
La voce di Reuter penetra e accarezza, si fa spazio dentro l’ascoltatore in modo naturale. Ci sono momenti spigolosi, in cui si perde l’orientamento, in cui si smarrisce il filo, e ci si dimentica perfino quale traccia si stia ascoltando. Hell Money si trasforma così in un unico, monolitico blocco emotivo, da vivere tutto d’un fiato assieme al monicker Rome.
Si passa dall’esagitata Fester (chip-chop!) allo splendore evocativo di This Silver Coil (direttamente candidata a nuovo cavallo di battaglia), fino alla quasi tetra Rough Magic, dal puro crescendo raffinato. Si resta in trance durante le ipnotiche Amsterdam, The Clearing (lercia, sporchissima), Silverstream e Tightrope Walker (Wild Milk). Pornero risveglia i sensi con un duetto banjo-voce dal calore intimo e avvolgente, mentre Golden Boy conferma l’immensa creatività dei Rome: intensa al punto da “spellare”, con un finale che azzera tutto, riuscendo perfino a far riaffiorare la mente verso la trilogia passata.
Il soffice piano di Red-Bait prepara il terreno per il gran finale di The Demon Me (Come Clean). Quando Reuter decide di sbarrare ogni via di fuga, potete star certi che lo farà con eleganza e senza il minimo sforzo.
Hell Money non raggiunge forse le vette più alte della discografia Rome, ma non sento nemmeno il bisogno di fare confronti. È semplicemente un altro grande disco. In molti probabilmente lo sottovaluteranno all’inizio, ma col tempo sapranno riscoprirlo e dargli nuova linfa. Tutto dipende da come si percepisce e si vive la musica. Ai detrattori non posso che dire: aspettate. Scendere sotto una certa soglia di qualità, è semplicemente impossibile. Sorry.
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70%
Summary
Trisol (2012)
Tracklist:
01. Tangier Fix
02. Fester
03. This Silver Coil
04. Rough Magic
05. Among The Wild Boys
06. Amsterdam The Clearing
07. Silverstream
08. Tightrope Walker (Wild Milk)
09. Pornero
10. Golden Boy
11. Red-Bait
12. The Demon Me (Come Clean)