Arch Enemy – War Eternal

Creature che accolgono un nuovo arrivato, una figura destinata a segnare un confine tra il bene e il male, tra successo e disfatta: è questa l’immagine evocata dalla copertina di War Eternal, e il primo pensiero che mi ha attraversato la mente.

In casa Arch Enemy, è ancora una donna la prescelta: la voce della “fase 3”, forse la più rischiosa e delicata della loro carriera. Quando appresi della sostituzione di Angela Gossow, mi chiesi se non fosse davvero giunta la fine. Ancora una volta, il commercio sembrava avere la meglio. Anzi, questa volta ancora più apertamente. Ho sempre pensato che un’audizione vera e propria per scegliere la nuova voce non sia mai stata nemmeno considerata da Michael Amott: si doveva proseguire così, punto. Quando si rincorre l’immagine a tutti i costi, è come dichiarare sottovoce: “mi arrendo”. È come ammettere di non riuscire più a dare ciò che si dava un tempo.

Con Angela era stato così: una fase d’oro sì, ma mai all’altezza dei primi tre capolavori. Eppure, la fama della band è cresciuta. È proprio lì che si trova la giustificazione per l’ingresso della magnetica Alissa White-Gluz: oggi, senza un’immagine d’impatto, non si ottiene quel qualcosa in più che fa la differenza anche sul piano economico.

Ma non voglio dilungarmi oltre sul cambio di cantante. Chi ascolta la musica per ciò che è, troverà che Angela o Alissa, in fondo, cambia poco (anche se, a conti fatti, credo ci abbiano guadagnato). Il percorso della band prosegue senza scossoni, mirato a colpire forte. La prova della “blu-crinita” è incisiva, forse anche meno artefatta rispetto a quella della sua predecessora. Il mood rimane sostanzialmente invariato, e sapevo che questo non sarebbe stato il vero punto critico di War Eternal. Il vero nodo era il songwriting, da tempo logoro e prevedibile.

Un disco che salva il salvabile

Lo sappiamo: certi apici non torneranno più, ed è inutile continuare a ripetercelo. Per valutare un nuovo disco degli Arch Enemy bisogna resettare le aspettative e partire da Wages of Sin, il punto più alto dell’“era femminile”. Dopo quello, un lento declino, una caduta invisibile ai più. Poi una risalita faticosa, ma reale, con gli ultimi due lavori tra cui Khaos Legions. E War Eternal si affianca proprio a questi ultimi. È un sospiro di sollievo, salva il salvabile e regala spunti che riportano alla mente l’epoca d’oro. Non a caso, i due brani scelti per la promozione – la title track e As the Pages Burn – sono proprio tra i migliori.

I pattern ritmici colpiscono, War Eternal pesta duro, cerca sempre di farsi notare, e spesso ci riesce. L’ascolto è più fluido rispetto alle release precedenti, i brani aggrediscono senza sacrificare la melodia, grazie anche alle tastiere, quasi sempre presenti. Alissa convince: il suo growl roco e tagliente, le metriche più ricercate, e in alcuni momenti addirittura più esaltanti rispetto alla Gossow. Le mie riserve iniziali sono svanite, e da ora guarderò al futuro degli Arch Enemy con un minimo di fiducia in più. E direi che non è poco.

War Eternal non è un miracolo, come qualcuno cercherà di farvi credere, ma è un deciso passo avanti. E già questo, per me, è “tanta, ma tanta roba”.

Uno sguardo alla tracklist di War Eternal

Il disco si apre con la violenza di Never Forgive, Never Forget, che fa da biglietto da visita sia per le intenzioni che per la nuova voce. La doppietta War Eternal e As the Pages Burn funziona benissimo: la prima ha una strofa semplicemente perfetta (non avrebbe stonato su Burning Bridges), la seconda brilla per riffing tagliente e per una Alissa in pieno controllo. Sono giorni che me la canticchio ossessivamente.

Non ho rilevato grossi cali, ma No More Regrets e Time Is Black non mi convincono del tutto. Quest’ultima, in particolare, ha un ritornello stupendo e una gran prova vocale, ma nel complesso sembra un collage tra Tim Burton e i Rondò Veneziano, e non nel senso migliore del termine. Peccato, perché alcune sezioni meriterebbero.

Pollice in su per You Will Know My Name (in pieno “vecchio stile Arch Enemy”), Stolen Life (straordinaria la seconda strofa, con effetto annesso: quelle piccole cose che restano), On and On (che richiama We Will Rise), Avalanche (che cresce col tempo), e Down to Nothing, che chiude in sordina ma non è affatto da sottovalutare. Nota di merito per l’outro strumentale Not Long for This World: sembra uscita dritta dritta da Burning Bridges, e chiude il disco in modo perfetto.

Per contro, pesa l’assenza del fratello Christopher Amott alla chitarra. La sezione solista non brilla, spesso addirittura superflua. Un peccato, perché un maggiore impatto in quel reparto avrebbe giovato parecchio. Ma non si può avere tutto.

War Eternal non è una rinascita, né un punto di svolta epocale, ma è un disco solido, che non annoia e non mostra troppa stanchezza. E nel 2014, per gli Arch Enemy, questo significa davvero tanto.

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Riassunto

Century Media (2014)

Tracklist:

01. Tempore Nihil Sanat (Prelude in F minor)
02. Never Forgive, Never Forget
03. War Eternal
04. As The Pages Burn
05. No More Regrets
06. You Will Know My Name
07. Graveyard Of Dreams
08. Stolen Life
09. Time Is Black
10. On And On
11. Avalanche
12. Down To Nothing
13. Not Long For This World

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