Certi album mi fanno saltare d’euforia (like a mad cricket) già nei primi secondi d’ascolto. Lo si capisce subito: i Vanhelgd sanno esattamente dove vogliono andare a scavare con il loro sound. È una questione di affinità maturata nel tempo, un legame indissolubile con un certo modo di esprimersi, capace di unire impatto e melodia a livelli quasi inarrivabili.
La Svezia e il suo death/black metal, con il primo qui nettamente dominante, mentre il secondo aleggia come una vaga memoria, un ricordo ammuffito ma persistente. E via così, continuano a uscire realtà che riescono a colpire nel segno. E io non credo mi stancherò mai di ascoltare dischi di questo tipo. Mi procurano un effetto quasi ipnotico, come una ninna nanna per neonati, ma cantata dall’oltretomba. Non voglio scappare, anzi: mi lascio catturare di proposito. Bramo quegli arcani movimenti, quegli assalti che sanno però suggerire la presenza di una bellezza nascosta, una maestosità blasfema ma tangibile.
La Pulverised Records, da Singapore, non è nuova a certe scelte. Credo che condivida con me una visione: non si spiegherebbe altrimenti la cura quasi ossessiva verso certe uscite svedesi o profondamente ispirate a quel tipico suono. Una crociata selettiva, portata avanti con assoluta coerenza.
“Indovinami la produzione e ti compenserò adeguatamente.” Ecco, perché dire che la produzione è “indovinata” è quasi riduttivo. Qui siamo davanti a un tritacarne sonoro potenziato al massimo, capace di catalizzare ogni senso con una naturalezza disarmante, senza forzature. E questa produzione non solo riporta la mente indietro nel tempo, ma riesce anche a suonare maledettamente attuale. Non so da dove venga questa alchimia, ma gliene sono grato. In tutta la loro dimensione “micro”, i Vanhelgd sono riusciti a ottenere qualcosa di eccezionale, centrando in pieno il bersaglio della purezza.
Ma un disco come Relics of Sulphur Salvation può risultare infingardo, proprio a causa del suo impatto positivo immediato. Essere sazi sin da subito può portare a sottovalutare la reale qualità delle composizioni. È facile cadere in trappola, ma fortunatamente si tratta di una trappola innocua (dipende ovviamente da quanto il genere vi è penetrato sotto pelle). La tracklist scorre senza inciampi, lasciandovi liberi di scegliere quanto a fondo andare, e quanta di questa asprezza (sì, se dovessi usare solo due parole per descrivere questo album queste sarebbero aspro e pungente) siete disposti ad assorbire, sopportare, e magari far vostra.
Le chitarre che introducono Dödens Maskätna Anlete sono perfette. Sprigionano un senso mistico e mortifero che prende il sopravvento, dominando lo spazio senza esitazioni. La voce è il manifesto ideale di questa discesa, sputata addosso a colate di riff che non smettono mai di elargire potenza, melodia e marciume in dosi perfettamente bilanciate.
The Salt in My Hands è una lama affilata che colpisce più volte (quanta intensità!), mentre Where All Is Soil dimostra che i Vanhelgd non si limitano a un’esecuzione scolastica del death metal. C’è di più, lo si avverte da subito, ma lo si comprende appieno solo dopo qualche ascolto. Non basta pensare a Entombed, Grave o Dismember per etichettarli come “swedish death metal“: prima bisogna passare da At The Gates, Unanimated, Dissection e Necrophobic.
Ett liv i träldom stringe le proprie spire fino allo stritolamento – uno di quei brani che non ti togli più di dosso – mentre May the Worms Have Mercy on My Flesh ha già tutto nel suo riff d’apertura, sufficiente per salutare questo mondo col sorriso sulle labbra. Il rituale prosegue tra le melodie spigolose della title track (la più “accessibile”, ma attenzione a quelle virgolette…), attraversa il tasso diabolico altissimo di Sirens of Lampedusa (che brano!), e si chiude con Cure Us From Life: tre minuti tiratissimi di punk/hardcore che non dimenticano mai l’essenza primordiale del death. Una chiusura spiazzante, forse, ma per nulla fuori luogo, che spazza via le ultime energie con un colpo secco.
Immaginate il suono. Poi guardate la copertina. E chiedetevi quanto a lungo potrete resistere senza procedere all’acquisto di questo prodotto targato Vanhelgd (la versione in vinile è stampata da 20 Buck Spin). Relics of Sulphur Salvation è materiale solido, un album che fa il suo senza pretendere l’ingombrante etichetta di capolavoro. Ma i vecchi spiriti, quelli doloranti, potranno accoglierlo con un sorriso che, oggi, si fa sempre più raro.
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74%
Summary
Pulverised Records/20 Buck Spin (2014)
Tracklist:
01. Dödens Maskätna Anlete
02. The Salt In My Hands
03. Where All Flesh Is Soil
04. Ett Liv I Träldom
05. May The Worms Have Mercy On My Flesh
06. Relics Of Sulphur Salvation
07. Sirens Of Lampedusa
08. Cure Us From Life