Sear Bliss – Eternal Recurrence

Settimo atto, stessa Magia: Continua il viaggio dei Sear Bliss

I Sear Bliss fanno parte – al di là di tutto – di quel piccolo, ambito e speciale gruppetto: quello che include le formazioni che attendo con incondizionata gioia scodinzolante. Questo, nonostante non siano più riusciti a bissare quel superbo capolavoro che fu The Haunting. La loro carriera è proseguita senza particolari sussulti, è vero, pubblicando dischi che non hanno mai stravolto il loro peculiare sound. I Sear Bliss hanno, per così dire, “trovato il loro rifugio ideale”, e da lì non si sono più mossi. Sono rimasti inchiodati a “vegetare”, a tessere le loro oscure e parsimoniose trame.

Il merito è senz’altro da attribuire al leader massimo Andras Nagy. La sua volontà di creare musica restando saldamente ancorato “al proprio orticello” è, sotto certi aspetti, quasi “spaventosa”. Solo i veri seguaci di questa particolare creatura possono comprendere quanto ciò sia effettivamente reale. A marchiare a fuoco le varie produzioni dei Sear Bliss è da sempre la sua voce: subito riconoscibile, e ancora oggi intatta. Intrigante da acerba, autentica certezza da esperta navigata, roca, lunga e misteriosa, senza mai risultare eccessivamente estrema. È il rantolo di fabbrica che ci voleva, modellato perfettamente sui ritmi lenti della formazione magiara. A questo si aggiunge un cantato pulito che, nelle rare occasioni in cui si libera, riesce a colpire, ispirandosi senza troppi veli a Kristoffer Rygg o all’immaginario legato agli Arcturus (Ballad of the Shipwrecked ne è esempio lampante). Il risultato è bello che fatto.

Concretezza e continuità: Una magia particolare

Eternal Recurrence è esattamente ciò che ci si aspetta da loro. Tastiere (e brevi interventi di trombe e trombone, a ricordarci timidamente i loro fasti) che invadono le trame profuse dai due storici chitarristi Csaba Csejtey e Janos Barbarics, formando un black metal dai tratti melodiosi, etnici e persino vagamente spaziali.

Sono sette i brani che compongono l’ossatura di Eternal Recurrence, e come da consuetudine, nessuno di essi delude le lineari aspettative. Concretezza era, e concretezza rimane, anche ora, dopo sei dischi (questo è il settimo sigillo) che hanno saputo sviscerare il loro campo in ogni dettaglio. Proprio quando pensi che la saturazione sia ormai prossima, arrivano pronti e, tutto sommato sempre freschi, con quei pochi pezzi capaci di rapirti, persuaderti e abbracciarti. I Sear Bliss hanno scelto questa strada molti anni fa e non hanno la minima intenzione di abbandonarla. Non ci sono molti sbocchi da questo punto di vista, ma questo disco potrà stuzzicare anche chi si avvicina a loro per la prima volta (è pur sempre ben prodotto e ben presentato). In fondo, se c’è del dislivello tra alcune loro uscite, non è mai così difficile da valicare.

Tra Epicità e intimità: I vertici emotivi di Eternal Recurrence

Molto belle – e poste furbescamente in apertura – The Eternal Quest (la migliore… credo) e Ballad of the Shipwrecked. Ma, come avrete capito, tutte meritano degna attenzione. Sia nella parte centrale che nella conclusione, troviamo il classico brano che sembra in grado di tirarti fuori all’infinito, a proprio piacimento: There’s No Shadow Without Light. Un pezzo derivativo e semplice quanto si vuole, ma che trovo semplicemente incantevole ed emozionante.

Eternal Recurrence è dunque la loro settima perla (e spero fortissimamente che là fuori ci sia qualcuno che la pensa esattamente come me). Il settimo passo che mi sento in obbligo di compiere con questa creatura ungherese che tante e forti sensazioni mi ha dato – e continua a darmi – senza lo sfoggio della benché minima arroganza. In pochi magari comprenderanno. Pazienza.

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Riassunto

Candlelight Records (2012)

Tracklist:

01. The Eternal Quest
02. Ballad of the Shipwrecked
03. Great Cosmic Disorder
04. A Lost Cause
05. The New Era of Darkness
06. There’s No Shadow Without Light
07. Entering the Seventh Gate

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