Riscoprire gli HellLight: quando il funeral doom metal diventa riflessione
I brasiliani HellLight piazzavano nel 2010 un colpo non da poco, rendendo un po più “felice” l’ossequioso panorama doom metal internazionale. L’album prendeva il nome di …And Then, The Light of Consciousness Became Hell… e puntava le movenze su un sopraffino ed impattante funeral doom metal (ma non solo quello usciva fuori).
La difficoltà principale risiede senza dubbio nella durata dell’opera. Anche se siete abituati ad ascoltare e apprezzare il genere e le sue band di riferimento, non è detto che l’esperienza con questo disco sia tutta “rose e fiori”. I lati più ostici vengono affrontati con insistenza, e una certa preparazione sarà inevitabilmente richiesta. Tuttavia, questo non deve scoraggiare: non si tratta di un difetto, ma di una sfida molto chiara. Una selezione attenta sarà inevitabile, ma solo attraversando questi passaggi si potrà raggiungere il vero nucleo dell’opera e coglierne il valore autentico.
I sei brani arrivano più volentieri al quarto d’ora di durata piuttosto che ai dieci minuti. Già qui possiamo intuire il tipo di percorso che ci troveremo davanti. Proprio per tal motivo solamente i fanatici del genere potranno trarre beneficio da questo “supplizio” sonoro ben articolato, ottimamente servito, ed eseguito con fermezza e diversità non comuni.
Tra dolore e sogno: il fascino sacrale di …And Then, The Light of Consciousness Became Hell…
Questa diversità risiede nell’apparire su forma e sostanza completamente funeral doom, ma sarà l’aspetto epico, a suo modo sognante e sacrale a prenderci per mano, a fornirci un sommesso e totale entusiasmo. Posso immaginare una distesa di volti perplessi davanti a questa descrizione. Ma la migliore risposta sta proprio nell’inforcare …And Then, The Light of Consciousness Became Hell…, per testarlo sulla propria pelle come un marchio rovente, esporsi senza resistenza alle laceranti note e farsi infine rapire da loro.
Tastiere sullo sfondo a conferire atmosfera, solennità ed innalzamento, il growl è profondo ed incantatore, perfetto mestierante ed interprete di passaggi oscuri, sacri ed opprimenti. Le chitarre echeggiano potenti e piene, la loro spinta è essenziale nell’aprire spazi alla voce pulita, ben dosata (presente su tre canzoni su sei) e fornitrice di chiari segni/momenti indelebili (chi segue e venera i Void Of Silence dovrebbe ascoltare questo disco solo per questi interventi).
Un ascolto totalizzante: ogni brano come una prova di resistenza
Non c’è un solo calo nei sei capitoli proposti. L’inziale The Light That Brought Darkness è forse quella più “easy” (parola da prendere con almeno tre pinze in tal caso), quasi come a dire “prima vi diamo un contentino e poi vi affondiamo senza alcuna pietà“. Downfall Of The Rain (romantica nella sua melodia pianistica), Children Of Doom (bellissima e dal grande “ritornello”) e Beneath The Light Of The Moon comprimeranno completamente l’ascoltatore senza curarsi di una sua effettiva o eventuale ripresa. Soaring Higher (tonfi liturgici) e The Secrecy vedono il ritorno del cantato pulito, con sprazzi di elevazione e una distinta eleganza a farla da padrona, senza mai omettere un certo senso di “opaco regnante”.
Adatto per i momenti di riflessione, per staccare, o più semplicemente per passare un’ora e venti circa di buona musica. Spero che …And Then, The Light of Consciousness Became Hell… possa raggiungere più cuori e devozione possibile, anche a distanza di diversi anni dalla sua uscita. Non è davvero mai troppo tardi per ripescare lavori così meritevoli e in grado di rallentare meticolosamente il tempo.
HellLight, bravi su tutta la linea.
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77%
Summary
Solitude Productions (2010)
Tracklist:
01. The Light That Brought Darkness
02. Downfall of the Rain
03. Soaring Higher
04. Children of Doom
05. The Secrecy
06. Beneath the Light of the Moon