Gorath – Apokálypsis, Unveiling the Age that is not to Come

Gorath – Apokálypsis, Unveiling the Age that is not to Come: black metal per nulla scontato

Sacralità dissacrata accompagnata da immani scenari dissonanti. Sono queste le prime parole che mi sono venute in mente pensando a Apokálypsis, Unveiling the Age that is not to Come, quinto lavoro per i belgi Gorath.

La band si è fatta notevolmente apprezzare nel corso degli anni, ma, ancora poco appagata, sembra fortemente intenzionata a scrivere ampie dosi di “inusuale”, quanto oscuro e centrico, black metal. Arcana acidità posta a dettare legge, anche se saranno presenti dosi di lentezza, introspezione e una più letale, malevola “voracità”.

Oltre il paragone: immersione in un loop oscuro e personale

I sette brani (due sono situazioni atmosferiche atte a spezzare la notevole intensità di fondo) andranno a creare un circolo vizioso e introspettivo. Il risultato (almeno nella mia situazione) sarà quello di indurre le persone a continui e ripetuti ascolti. Un’esplorazione messa a dettare implacabili leggi sopra un comodo piedistallo. I Gorath non mettono paletti ben precisi e, difatti, non è semplice fare paragoni con qualche altra band. Si riscontra qualcosa dei Satyricon, ma allo stesso tempo non dovrete pensarci troppo, perché altrimenti andrete sicuramente fuori strada.

C’è pure un forte senso ermetico. Ci sono i Dødheimsgard e un bel po’ dello stile Deathspell Omega/Funeral Mist, anche se sarà meglio specificare che qui non si sfiorano mai lidi esageratamente cervellotici. Le coordinate non sono mai realmente definite, anche se un certo stile viene mantenuto lungo l’intero album. Come se stessimo ascoltando un’unica e strisciante traccia di cinquanta minuti.

Il meglio i Gorath lo mettono, a mio avviso, all’inizio, nella doppietta composta da Before the Throne of the Demiurge e The Seven Seals (non a caso scelta come video promozionale). Qui non si perdona, riuscendo nell’intento di spargere veleno e letale pestilenza ai quattro venti.

Dosi sedative e suite glaciali: Gorath al massimo del loro potenziale

Dopodiché comincia la parte “difficile” (ma non inquadrabile come meno bella, questo no). Dapprima ci pensa Le Porteur de Lumière e la sua distribuzione di forti dosi sedative ed arpeggianti (retrogusti post-rock emergono candidamente per far scattare qualche arcano, vecchio ricordo). Poi arriva l’imponente suite Beasts from the Earth and the Sea, a sancire, a consacrare in maniera definitiva questo disco così altezzoso e particolare. La canzone è vocalmente sofferta e fortunatamente mutevole il giusto, con riff ammorbanti quel tanto che basta da creare un gelo naturale (che qui raggiunge il suo apice). È splendido il brano quando si riprende poco prima di essersi dato per “morto” (provate ad ascoltare per credere). Si può dire che Beasts from the Earth and the Sea, più di altre, dimostri l’ampio margine d’azione presente nell’immaginario Gorath, senza per questo dire una cavolata.

Millennium (Thousand Years of Darkness) pone fine a questo capitolo, cingendo in maniera vibrante e oscura. Ancora da sottolineare la prestazione vocale che trovo personalissima nel suo seguire metriche “fuori dal tempo”. E senz’altro il riffing serrato e sgusciante, già ascoltato in abbondanza durante l’apertura.

I Gorath, nel loro piccolo microcosmo, sono arrivati a comporre un dischetto niente male. La loro discografia riceve così un’altra importantissima pillola da ingurgitare avidamente. Un ascolto (ancor meglio se ripetuto), questo Apokálypsis, Unveiling the Age that is not to Come, se lo merita tutto. Anche se quasi sicuramente non basterà affatto: qui ci sarà da sudare per ottenere l’agognata pagnotta.

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Riassunto

Twilight Vertrieb (2011), ConSouling Sounds (2013)

Tracklist:

01. Before the Throne of the Demiurge
02. The Seven Seals
03. Wrath of God
04. Le Porteur de Lumière
05. Beasts from the Earth and the Sea
06. Whore of Babylon
07. Millennium (Thousand Years of Darkness)

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