Recensione Mud: Il primo album dei Death Engine e la sua violenza sonora
Una cosa è certa: il primo album dei francesi Death Engine non è indicato ai palati più fini. Nemmeno a quelli avvezzi a bazzicare nel calderone hardcore con risvolti noise. Incontrando Mud, incontriamo un quadro “indefinito”, pura macellazione fatta musica, espressione di sofferenza e disagio che ci viene lanciata contro imprevedibilmente.
Mi vedo assistere in veste di spettatore inerme, almeno di fronte alla “non reazione”, o meglio la “non realizzazione”, di fronte alle laceranti composizioni sparate accuratamente senza sosta in confusionaria successione. L’unica illusione l’avremo con la lunga traccia finale intitolata Negative e con i suoi implacabili silenzi.
Non c’è un percorso prestabilito, né un vago senso di ordine o equilibrio. Sarà proprio l’esatto contrario a dominare l’uscita firmata Death Engine. Una confusione tangibile, disturbante ed elettrica, una violenza incontrollata ma soprattutto vera, quella che agisce senza preconcetti, abrasione sincera e passionale, un bel dito medio nei confronti di chi tenta di abbellire le proprie composizioni con criterio e buon gusto.
Il fascino disturbante di Mud: nessun voto, solo sensazioni pure
Proprio per tutte queste caratteristiche non me la sento di proferire un voto al disco; sarebbe solamente deleterio in qualsiasi senso lo si guardi. Non c’è una verità assoluta su Mud, ma ci sarà solo l’istinto a prevalere, o quello che vorrete in realtà capire, oppure sentire. Vi ammorberà, vi condurrà in uno status alterante negativo/convulsivo, oppure otterrete in cambio insane scosse elettriche, di quelle incomprese. Ma in ogni caso non ne uscirete indenni, perché una volta fuori le lacerazioni saranno lì a ricordarvi il percorso appena intrapreso. Con pieno stordimento vi chiederete la provenienza di tali ferite. E magari la curiosità di saperlo vi condurrà istantaneamente a un nuovo ascolto, un altro giro su questo album denso di problematiche ma proprio per questo altamente affascinante.
Bassi in piena fusione, chitarre che dilaniano carni e spazi per arrivare perfino a chiuderli dopo assurdi giri (un disco di opposti, ci leggo primariamente questo). Secche sensazioni scoperchiate da una voce scartavetrata, una prestazione del tutto improvvisata. Capace di dare tutto per mezzo di questa sua sincera opera distruttiva.
In queste condizioni, l’essere un disco da “mordi e fuggi” aiuta non poco i sensi. I minuti scorrono freddi e destabilizzanti, i frangenti diventano solo un vago ricordo (riceveremo solo qualche input). Come una linea che non trova il suo punto di partenza, condannata a vagare ancora e ancora quanto una perfida predatrice. Noi allo stesso modo qui ci perderemo, ognuno con i suoi affari e tornaconti personali da saldare o sistemare, ognuno con la sua visione delle cose. Meno lineare è, e meglio forse sarà.
Riassunto
Throatruiner Records/Apocaplexy Records (2015)
Tracklist:
01.Medusa
02.Organs
03.Cure
04.Zero
05.Still
06.Entertain
07.Negative