Beyond Helvete: Self-Therapy – Un viaggio nella folle decadenza
L’esordio su full-length dei Beyond Helvete (il moniker aveva già rilasciato del materiale in precedenza), devo ammetterlo, non mi ha colpito immediatamente. Inizialmente, sono rimasto abbastanza spiazzato da una musica che sembrava lasciare ben poco dietro di sé.
Poi, una certa perseveranza nell’ascolto ha premiato Self-Therapy, facendomelo apprezzare quel giusto. Non siamo certo di fronte a un’uscita clamorosa; è anche difficile soddisfare pienamente un pubblico “melodico/depresso” che sempre più spesso guarda in altre direzioni. Le mode passano, ma band come i Beyond Helvete restano: mortalmente positive e potenzialmente velenose nella loro formula black metal ritmica e sofferente. Date una piccola possibilità a Self-Therapy, e potreste riuscire a farvi piacere questo mondo fosco, grigio e strumentalmente apatico che lo popola.
La voce di Natrgaard e le radici malsane
Protagonista indiscussa della release è la voce di Natrgaard, un autentico “divaricatore” di corde vocali. La sua timbrica riesce a rimanere in qualche modo calma, senza però far mancare l’essenziale componente deviante e schizofrenica di fondo. Le radici della musica targata Beyond Helvete richiamano le origini malsane degli Shining, e di rimando potrebbero esserci decine di nomi a cui accostarli. Tuttavia, non bisogna avvicinarsi a Self-Therapy con la voglia di ascoltare qualcosa di nuovo, questo è poco ma sicuro. Ma se vivete “positivamente” il genere, potrete estrarre l’ottima decadenza addensata nell’opera.
La perfetta e personale interpretazione delle strofe da parte di Natrgaard cattura senza riserve su Soul Reflection. La produzione non è affatto “infossata”, lontana o fatta male; anzi, i suoni appaiono molto nitidi e puliti. Eppure, l’obiettivo primario “depressoide” è sempre tenuto bene a mente, e l’atmosfera non risente minimamente di tutta questa pulizia esagerata. Se pensate di essere al cospetto di un monolite lento e pachidermico, devo smentirvi: il mid-tempo è sicuramente il fulcro dell’uscita, ma le canzoni amano affondare sporadicamente e con gusto in territori più rapidi e feroci, senza mostrare alcun demerito.
Tracce chiave e packaging
La title track mette ancora in primo piano l’acido lamento di Natrgaard. La canzone rappresenta, a mio avviso, il perfetto specchio dell’album intero. Un primo impatto forse non vi dirà granché (anzi, sicuramente), ma poi vi troverete in completa sintonia con ogni suo minimo passaggio. Fears accelera e “sgrava” la situazione senza deludere, mentre Confession rafforza il clima con lenti e oscuri retaggi ritmici. A Nameless Desire è una dissolvenza onirica strumentale, utile a spezzare l’attesa verso l’ultima e più notevole The More I Know. Questa canzone è un premio per chi ha saputo aspettare la conclusione con pazienza. Quasi dieci minuti di tiepida e degenerante arte negativa.
Consiglio il CD anche per la confezione (sorvolando su una copertina sicuramente non indovinata). Il disco si presenta avvolto in un digipack lucido che aggiunge un grado di completezza e soddisfazione all’esperienza. Self-Therapy: sporco sì, ma con una certa raffinatezza.
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64%
Summary
Dusktone (2011)
Tracklist:
01. Soul Reflection
02. Self-Therapy
03. Fears
04. Confession
05. A Nameless Desire
06. The More I Know