Nebula VII – Dawn Of A New Era

Nebula VII – Dawn Of A New Era: un viaggio dark ambient ai confini del nulla

Nebula VII è un inesauribile progetto proveniente dalla Russia, a sfondo spaziale. Ci troviamo in territorio dark ambient, di quello cristallizzato e ben poco roboante, con la costante assenza di aria e la mente leggera, pronta a vagare su pensieri ancora inesplorati.

La staticità è una legge, qui dentro. Tanto vero quanto lo è la difficoltà nel sapersi orientare tra le varie uscite, buttate fuori nell’arco di un tempo da considerare ridicolo in rapporto allo stile proposto. Non si butta via niente, si direbbe, ma lentamente la musica e i suoni prodotti arrivano laddove – forse – avevano deciso di giungere fin dall’inizio. Sarà una completa assenza di gravità a stupire in Dawn Of A New Era, un lavoro che non darà certo nuovo smalto al genere, ma che contribuirà alla sua lenta e costante espansione.

Assistere alle continue uscite di Nebula VII è come osservare una inquietante chiazza allargarsi, vederla acquisire sempre più spazio prima di giungere all’inevitabile annullamento. Quell’azzeramento necessario che dovremo imporci prima di preparare “armi e bagagli”, perché salpare verso nuovi mondi non sarà mai così semplice e difficile allo stesso tempo.

Suite siderali e frammenti d’etere

Dando per scontata la capacità di non assopirsi, potremo gettarci a pieni polmoni in questo “nulla” ben espresso e valorizzato. L’opera si divide in una suite di cinque pezzi, comprese intro e outro (assolutamente parti fondamentali: l’ultima distribuisce anche un senso organico non indifferente), più un’ulteriore traccia di circa un quarto d’ora posta in chiusura (Echo Of Space Storms).

L’ascolto non risulta mai davvero pesante, giocando molto su una gradazione eterea e dilatata. Esporsi a questa contaminazione comporta discreti frutti. La pace è certamente l’obiettivo primario (centrato). Le tastiere giungono morbide, non espandono mai la propria evoluzione “narrativa” con soluzioni rumorose. Sono tutti trucchi che potrebbero portare al conseguente fallimento del concept. E l’idea rimane ferma e focalizzata, come se stessimo puntando un pianeta da lontano, senza pericolosi cambi di programma in testa. Perché il raggiungimento dell’obiettivo è l’unica cosa che conta veramente. Più dello stupore, e forse anche più della meraviglia stessa. E ci guarderemo attorno, certamente spaesati ma al sicuro, assecondati dal pensiero che tornare indietro non sarà affatto semplice.

L’istinto e l’esplorazione, la condanna e la costrizione a vagare. C’è un po’ di tutto questo (o almeno, questo è ciò che ho ricevuto io, personalmente) dentro a Dawn Of A New Era. Un disco che viaggia fra le stelle, fino al punto più distante immaginabile. Da raccomandare le sensazioni provate su Terminal Intensity. Part 1 e la sua diretta conseguenza Code Of Life, ma alle composizioni piace ritornare, per distribuire latenti déjà-vu in qualità di noccioline.

Trasmissioni interrotte. Rimanere da soli è l’unica prerogativa. I limiti non sussistono. La Terra è solo un pallido ricordo.