Fallen ovvero “il ritorno” parte due: il comeback inaspettato di Burzum, a solo un anno da Belus.
Con Belus, Burzum aveva convinto quasi tutti. Lo stesso accadrà con ogni probabilità anche con Fallen: un disco che prosegue il cammino dell’antico, risvegliando corde emotive rimaste sopite chissà dove.
I due nuovi album di Varg Vikernes dopo la scarcerazione sono l’emblema della semplicità. L’elevazione e la conferma che un’impronta del passato può ancora vivere nel presente, con freschezza, con un suo personale rinnovamento, ma soprattutto con una carica emotiva autentica. Si potrebbe dire tutto e il contrario di tutto su Vikernes e sulla sua musica. Anche stavolta non mancheranno le discussioni, per carità, ma almeno in questo caso, chi era rimasto deluso può scegliere consapevolmente di lasciar perdere. Perché, diciamolo, se non apprezzi l’operato di Varg, difficilmente ti metterai ad ascoltarlo. Ancora meno se Belus ti aveva lasciato l’amaro in bocca o ti era sembrato un poco fuori fuoco.
Burzum può permettersi di pubblicare qualsiasi cosa, persino un disco fatto solo di rutti venderebbe, tanto per rendere l’idea, ma ciò che apprezzo profondamente in Fallen è quel senso di elevazione che lo attraversa dall’inizio alla fine. Se Belus sembrava quasi un tentativo di riprendersi il proprio seguito (complice anche l’effetto-sorpresa), qui il discorso cambia leggermente. Se Varg avesse voluto puntare a una fama ancora più grande, avrebbe scelto qualcosa di più immediato, catchy, magari una formula più ruffiana. Invece no: ha messo al mondo un’idea nuova, un’intuizione intima e romantica, un nuovo atto che contribuisce alla costruzione di un percorso artistico di rara coerenza.
Chitarre pittoriche e atmosfere sospese: il suono di Fallen
Le chitarre sono come pennelli nelle mani di un pittore navigato: offrono quella solita, inconfondibile sensazione di sospensione. Varg continua a comporre alla sua maniera, tessendo riff che solo lui sa immaginare e modulare, momenti che ti scorticano l’anima e ti trasportano in un regno abitato da sogni oscuri. E attenzione alla voce: da sempre un elemento chiave e ispiratore per un’intera generazione, ora sembra voler crescere assieme al suo creatore. In questo disco, il cantato pulito è più presente, capace di emozionare come pochi, quasi rassegnato nel suo espressionismo epico. Si fonde con le urla sgraziate di sempre, autentica garanzia: laceranti, magnifiche, perfettamente allineate con la musica.
Ancora una volta, sono le cose semplici a stimolare di più. È incredibile provare certe sensazioni, quando credevi che ormai fossero relegate ai dischi del passato. Certo, là fuori c’è ancora tanta musica valida. Eppure gli effetti “dislocativi” – perché no, anche terapeutici – che Fallen riesce a generare, non li trovi di certo dietro ogni angolo.
Jeg Faller: la traccia che emoziona più di tutte
Per quanto mi riguarda, l’ascolto poteva anche finire con Jeg Faller. Credo sarà la mia canzone dell’anno. Le strofe sono pura arte, interpretate da un Conte in stato di grazia, capace di esprimere un calore umano struggente in un ritornello con voce pulita e lacrime ardenti. Le chitarre ronzano, eccome se ronzano: entrano nei timpani e vi piantano tende sicure, destinate a restare lì a lungo. La circolarità, marchio distintivo di ogni creazione di Vikernes, trova conferma in Valen, con la sua uscita arida, secca, e un’interpretazione vocale che tocca vette notevoli. L’inizio in clean, quasi più intimo del ritornello di Jeg Faller, ne è la prova.
E che dire di Vanvidd? Forse il brano più vicino al materiale storico, ulteriore dimostrazione di come Varg riesca a girare attorno agli stessi elementi continuando a emozionare. Enhver Til Sitt, a mio parere, tocca il suo apice quando le parti parlate si intrecciano con il familiare ronzio delle chitarre. Budstikken sprigiona un timido raggio di luce, dando l’illusione di un respiro dopo giorni di cielo coperto: il brano cresce in intensità, fino a morire in Til Hel og Tilbake Igjen, oscura e antimelodica, come ogni buona strumentale di Burzum dovrebbe essere.
Burzum con Fallen premia l’ascolto profondo
Con Fallen il nome Burzum farà felici tanto i vecchi fan (proprio come l’album precedente), quanto i chierichetti in cerca di nuove sensazioni. Ma saranno soprattutto i primi a viverlo con maggiore intensità, forti di un bagaglio sensoriale affinato da anni e anni di ascolti. Potrebbe invece deludere gli ascoltatori occasionali, quelli del “tanto per”, o i detrattori (che ancora oggi non si capisce perché gli dedichino tempo: andava bene forse una volta, ma ormai?). Resta il fatto che nessuno potrà goderselo quanto chi è cresciuto con questo genere e continua a emozionarsi con ogni nuovo passo, al di là di tutto.
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77%
Summary
Byelobog Productions (2011)
Tracklist:
01. Fra Verdenstreet
02. Jeg Faller
03. Valen
04. Vanvidd
05. Enhver Til Sitt
06. Budstikken
07. Til Hel Og Tilbake Igjen