Spectral – Evil Iron Kingdom

Spectral – Evil Iron Kingdom: tra cliché e colpi di coda

Un po’ di preoccupazione si era fatta strada sin dall’inizio. In fondo, era risaputo come la CCP Records tendesse a concedere una chance un po’ a tutti. A farlo intuire contribuivano la copertina adoperata dagli Spectral, piuttosto discutibile. E delle tematiche tra le più abusate in circolazione poste in simbiosi con un un’immagine fiera ma fin troppo variopinta. A ciò si aggiungeva il timore, fin troppo comune in questi casi, che la prima traccia risultasse la migliore del disco: un lampo illusorio prima di affondare in un mare di catrame stantio.

La title track d’apertura riusciva a presentarsi in modo dignitoso, anche se non travolgente, lasciando quindi emergere in modo tangibile l’ombra della noia.

Proseguendo l’ascolto, però, si è concretizzata un’alternativa: salvare con la sufficienza un disco che, in altre circostanze, verrebbe probabilmente stroncato senza appello. Sarebbe troppo facile sparare a zero su testi “true” saccheggiati con fierezza da centinaia di altre band, o sulla personalità pressoché assente su Evil Iron Kingdom. Eppure, nella quarta fatica degli Spectral, la passione si sente. È lì, palpabile, fiera. Galoppa da lontano e punge, magari in modo incompleto, ma punge.

Chi può permettersi il lusso di cogliere questa passione? Probabilmente una percentuale piuttosto bassa di creature metalliche. Gli Amon Amarth dominano da anni ormai, ma sono pochi quelli che decidono di addentrarsi in quel sottobosco di band che ancora lottano. Ancora meno sono coloro disposti ad ascoltare album completamente sconosciuti come questo.

I Spectral devono puntare a quel pubblico che non si accontenta, mosso dallo spirito dell’esplorazione e disposto a tollerare anche i difetti più marcati di una specifica release. E chissà, forse la formazione tedesca potrà regalare loro momenti di gloria, ruvida ma sincera.

Tra saccheggi e sincerità: la passione che resta

Descriverei la musica di Evil Iron Kingdom come un incrocio tra due filoni ben precisi. Da un lato abbiamo quello classico, figlio di Exciter e Sacred Steel (anche se meno marcato rispetto all’altra componente), dall’altro quello estremo di matrice svedese, rappresentato in particolare dagli Amon Amarth e dai più peculiari Mithotyn. I momenti che più mi hanno riportato a questi ultimi (su tutti Embrace the Darkness e ancor di più Age of Eternal Victory, con quella melodia sottotraccia come autentica leccornia) devo ammettere che mi hanno emozionato.

Il suono è potente, gli inni fieri pronti per una nuova battaglia. Alcune strofe sono prese di peso dalla band del possente Hegg (Die in Battle). Mentre certi chorus e pre-chorus sembrano uscire direttamente dal repertorio Sacred Steel (Pagan Steel). Ma va bene così: basta sapere a cosa si va incontro, e ci si potrà divertire anche con poco (una canzone come United Forces, in sede live, spopolerebbe).

Consigliato ai nostalgici della seconda metà degli anni ’90.

  • 60%
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Riassunto

CCP Records (2009)

Tracklist:

01. Intro
02. Evil Iron Kingdom
03. United Forces
04. Die in Battle
05. Embrace the Darkness
06. Pagan Steel
07. Age of Eternal Victory
08. Axecutioner
09. Ira Inflammatus
10. Raise Your Fist

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