The Duskfall – Where The Tree Stands Dead

The Duskfall – Where the Tree Stands Dead: un ritorno inaspettato

Nessuno si è mai filato più di tanto i The Duskfall, nemmeno ai tempi del loro debutto discografico, Frailty, uscito nel 2002. Sono sempre stati un gruppo per “follower” del melodic death metal. Ovvero per tutti quelli che non si accontentavano dei soliti nomi di spicco, e che probabilmente sono ancora qui oggi, con la consueta bava alla bocca, ad accogliere questo ritorno.

Certamente, la loro personalità non particolarmente spiccata ha costantemente tarpato loro le ali, confinandoli in una sorta di limbo da “eterne seconde linee”. E questo nonostante Frailty, il successivo Source e The Dying Wonders of the World fossero lavori senza dubbio validi. Ampiamente al di sopra della sufficienza risicata.

Il lungo silenzio e il ritorno sotto nuove spoglie

La loro carriera si è interrotta nel 2007 proprio con The Dying Wonders of the World. Credo che nessuno si aspettasse un ritorno, vista l’incapacità di sfondare (nonostante il supporto di un’etichetta come Nuclear Blast). E invece eccoci qui, piacevolmente stupiti davanti al loro quinto album, Where the Tree Stands Dead.

Mikael Sandorf, unico membro fondatore rimasto, raccoglie un manipolo di nuovi volti e scrive un disco davvero piacevole. Qualcosa di chiaramente nostalgico, ma in grado di rinfrescare, seppur lievemente, le carte del passato. Così l’album arriva, in punta di piedi, quantomeno a competere per la leadership della loro discografia (senza tuttavia riuscirci del tutto). Un risultato notevole, considerando il tempo trascorso – siamo pur sempre abituati alla solita fase calante – e i nuovi ingranaggi da dover necessariamente oliare con cura.

Si potrebbe dire che un tempo fossero “quadrati” e ora siano diventati “sgranati”: un passo indietro e uno in avanti. È così che si potrebbe definire questo nuovo lavoro, un disco che lascia meno punti di riferimento e meno certezze del previsto. I The Duskfall tornano, ed è come se chiedessero al proprio pubblico un piccolo sforzo. Un piccolo sacrificio per comprendere certe linee smaccatamente melodiche (che, alla fine, ti ritrovi ad amare, nonostante una prestazione vocale piuttosto sottotono). Una sorta di “violenza non violenza” forzata, volutamente sovrapposta al loro classico trademark (che poi è quello di altri, seguendo la linea che parte dagli At The Gates, passa per i Dark Tranquillity e arriva fino agli In Flames).

I brani : tra riff classici e nuove sfumature

To the Pigs suona alla At The Gates, ed è un vero piacere ascoltarlo. Un pezzo serrato e fluido, ideale come apripista, che pare non voler deviare di un centimetro dalla loro traiettoria. Farewell attacca trascinando secondo i dettami provenienti da Göteborg: il ritornello è sgraziato ma efficace. Come anche nei brani successivi, bisognerà lottare un po’ prima di riuscire ad apprezzarlo appieno. Mi riferisco in particolare a pezzi come I Can Kill You o We the Freaks, decisivi quando sarà il momento di valutare la qualità complessiva del disco. La prima sembra inizialmente stanca, ma riesce pian piano a risollevarsi. La seconda potrà infastidire molti, ma anche intrattenerli con la sua componente easy, al contempo strana e conturbante.

Anche Endgame si muove su un respiro più ampio, ma è con Hate for Your God che i The Duskfall mi conquistano davvero. Un altro brano fuori dagli schemi (voce pulita che guida alle parti più sporche), che rifugge dal loro classico approccio e colpisce con un riffing coinvolgente e un refrain che si stampa subito in testa. Si prosegue poi con The Charade, forse il pezzo più debole dell’album, anche se con qualche ascolto in più finisce per farsi apprezzare. Poi ci pensa Burn Your Ghosts a riportare un po’ di sano classicismo (così come aveva fatto prima anche la convincente title track), prima di arrivare alla ruffiana Travesty (con un altro ritornello centrato) e alla conclusiva We Bleed.

Il peso delle aspettative e la sincerità della proposta firmata The Duskfall

Le speranze di fare il “botto” non dovrebbero esistere. Se non ci riesci con la Nuclear Blast, è alquanto irrealistico pensare di riuscirci con un mercato discografico in crisi e sotto l’egida della piccola ma propositiva Apostasy Records. È proprio qui, però, che risiede la sincerità del loro ritorno: riprovarci, fare ciò che si ama con genuinità, e basta. Poi, sarà quel che sarà.

Where the Tree Stands Dead non farà compiere salti in avanti alla formazione svedese, ma cerca a suo modo un concetto di “non banalità”, senza doversi allontanare troppo dal proprio giardino di casa per riuscirci. Anche perché, per i The Duskfall, oggi non avrebbe alcun senso neppure il solo pensarlo.

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Summary

Apostasy Records (2014)

Tracklist:

01. To the Pigs
02. Farewell
03. I Can Kill You
04. Where the Tree Stands Dead
05. We the Freaks
06. Endgame
07. Hate for Your God
08. The Charade
09. Burn Your Ghosts
10. Travesty
11. We Bleed

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