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Copertina dell'album Beer Revolution dei brasiliani Red Razor

Red Razor – Beer Revolution

Red Razor dal Brasile. Primo demo nel 2013 (tre i pezzi, qui tutti giustamente ripresi), poi solo il tempo necessario per carburare e per poter scrivere i nuovi pezzi che finiranno sul primo full-lenght chiamato Beer Revolution.

I ragazzi non si fanno inseguire dalla frenesia o dalla voglia di stampare un disco nel minor tempo possibile. È proprio questa la sensazione che si avverte già al primo ascolto: ogni brano aggiunge anziché togliere, alimentando la voglia di proseguire, proprio come accadeva con i grandi dischi del passato. Dischi che i Red Razor devono aver usurato a dovere viste le note influenze che lo animano.

Il loro è un thrash metal quadrato, molto attento nel non oltrepassare determinati bordi. Sarà questa l’unica concezione al fatto di uscirsene nel 2015 (per quanto tu possa sforzarti, questo fatto ormai emergerà sempre), perché per il resto il tuffo nostalgico sarà autentico, e non mi sforzo affatto nel dire che sarà pure completo.

Quante volte, negli ultimi anni, ci siamo ritrovati ad ascoltare dischi thrash metal appena convincenti? Piacevoli, sì, ma sempre accompagnati da qualche riserva di troppo. Ecco, questa sensazione è del tutto assente nel debutto di questi brasiliani: la loro cura per i dettagli si trasforma in spensieratezza genuina e in un autentico gusto per le belle canzoni. E qui ne troveremo diverse da inserire nella sezione “top“.

Tra Anthrax e D.R.I.: le radici USA di Beer Revolution

Prendete i vecchi Anthrax giusto per rimanere sul famoso. Ma chi mastica il genere non tarderà nel riconoscere le “vecchie ossa” di Evildead, Whiplash, Exhorder o Nuclear Assault, il tutto con il beneplacito firmato sulla fiducia dai D.R.I.
Insomma tanti Stati Uniti anche se il titolo vi farà pensare subito ai Tankard, ma in fondo che male c’è? nessuno, quando arrivi a completare un lavoro di questo tipo.

Dieci i brani (nove più una breve strumentale), tutti ottimamente appoggiati su una produzione che definire esaltante sarebbe dire poco (con certi suoni il cuore palpita in una maniera tutta sua). Gli strumenti, uno dopo l’altro, sembrano quasi mettersi in fila per ringraziare: si parte dal basso (wow!) per arrivare alle chitarre, coese e precise, sempre attente a non lasciare tracce sulla scena del crimine appena abbandonata. E sì, gli assoli non mancheranno: ispirati, ben calibrati e sempre piazzati al momento giusto.

Wish You Were Beer: un inizio travolgente per una corsa senza cali

Wish You Were Beer ci accoglie nel migliore dei modi, zappate trascinanti e un refrain che desidera solamente di essere cantato a squarciagola. Il bello di Beer Revolution è che il suo partire “a bomba” non compromette minimamente la fruizione globale. Sarà innegabile individuare nelle prime quattro le hit assolute, eppure il resto regge a quel piccolo dislivello in maniera eccellente, tanto da non produrre alcun problema durante il proseguio.

Red Razor, Shut Up and Mosh (apoteosi su bridge e refrain), soprattutto Napalm Pizza (“ignorantona” e bellissima) scorreranno in un dannato baleno. Ma l’album ha ancora molto da offrire: Alive infonde splendidi passaggi melodici, mentre la tortuosa title track ci guida con sagacia lungo la “via della birra”. La voce segue canoni sporchi, rozzi e declamati, senza preoccuparsi di particolari virtuosismi tecnici, ma direi che questo non rappresenta affatto un problema.

Prima di finire troveremo ancora il breve e massiccio inno da ribellione Controversial Freedom. La tellurica Malignant Cell (con echi alla Kreator), e il lungo trasporto da oltre 6 minuti di Temple of Lies, graffiato “goffamente” dall’ennesimo ottimo ritornello.

Tutto questo divertimento doveva venir in qualche modo da me premiato. La speranza è che Beer Revolution possa far breccia nel circolo dei thrasher più incalliti, il “successo” logicamente passa innanzitutto da lì.

So che non serve rimarcarlo. So che avrete subito pensato a lui, ma tant’è: va detto. L’ennesima copertina di Ed Repka svolge perfettamente il suo ruolo. Un marchio di fabbrica che, a suo modo, resta sempre una garanzia. In più risulta fondamentale per determinare genere e gli intenti dei Red Razor stessi.

Beer Revolution è partito inzialmente come disco autoprodotto. Poi è arrivata l’attenzione dell’etichetta irlandese Slaney Records per una diffusione capillare nel suolo europeo.

  • 75%
    - 75%
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Riassunto

Autoproduzione (2015), Slaney Records (2015)

Tracklist:

01. Wish You Were Beer
02. Red Razor
03. Shut Up and Mosh
04. Napalm Pizza
05. Alive
06. Beer Revolution
07. Controversial Freedom
08. Cancerous Prelude
09. Malignant Cell
10. Temple of Lies

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  • Data dell'articolo
    23 Agosto 2015
  • Pubblicato da
    Duke
  • Pubblicato in Hot Noize, Recensioni, Thrash Metal/Violent Frequencies/Post Metal
  • Taggato con Autoproduzione, Red Razor, Slaney Records
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