Rev 16:8 – Ashlands

Gli svedesi Rev 16:8 avevano già impartito una prima lezione di colante black metal tramite l’esordio Grand Tidal Rave. Nel 2011 li ritroviamo sotto la produttiva AFM Records con un Ashlands un pelino più semplice da affrontare, una semplicità che tuttavia non va ad intaccare la loro classica formula.

I Rev 16:8 sono così riusciti a sfoggiare due dischi di pari valore (punto in puù, punto in meno), due autentiche tempeste sonore che, purtroppo, non hanno avuto ulteriori “fratellini” a causa dello scioglimento della band.

Ashlands assume contorte forme meccaniche. E’ freddo e marziale, e da l’impressione di voler tenere l’ascoltatore ad una certa distanza, senza permettergli una “controproducente” ed esagerata confidenza. Come avrete intuito, questo lavoro non è di facile ascolto né di immediata assimilazione (pur senza risultare eccessivamente cervellotico). Si muove su trame spigolose e fastidiose, plasmando un black metal annichilente e brutale, capace di fondere diverse scuole stilistiche.

La prima è senza dubbio quella norvegese: echi di Dimmu Borgir (immaginate certe loro parti senza il supporto delle tastiere), Gehenna (dal periodo di metà carriera in poi), Myrkskog e Dødheimsgard emergono e svaniscono grazie a sapienti accorgimenti stilistici. Il secondo filone, invece, affonda naturalmente nelle radici svedesi, richiamando il sound di Setherial e Dark Funeral, fino ad abbracciare il groove tipico degli IXXI, band in cui milita lo stesso cantante/chitarrista Talon. Se riuscite ad immaginare in qualche modo tutto ciò arriverete alla “pericolosa e straziante” musica degli Rev 16:8.

La produzione di Ashlands è chirurgica e potente. La batteria “ara” il campo di battaglia per bene lasciando i colpi decisivi a chitarre sempre ficcanti (gelide, e costanti “divoratrici”), e pronte quando c’è da variare il registro o il mood.

Le canzoni si dividono così tra momenti distruttivi, altri bruschi e poi via sulla scia di pachidermici rallentamenti.

L’inizio riserva le cose più spedite con Agenda, title track e Blackline Sundown (dove non si omettono secondi di prezioso groove). Dopo l’interludio di A Study In Patterns And Habits, i Rev 16:8 sembrano “tranquillizzarsi” per cominciare a tirare un poco di fioretto. The Chase ci accoglie con spire diaboliche e rarefatte, mentre Serenade riprende il massacro sonoro, sprigionando forti sensazioni inumane. Rust Retinal Vein, invece, è l’ennesima gelida colata proveniente dagli anfratti industriali.

Coal Mirror è un mid-tempo dove Talon esprime al meglio la propria abilità vocale (alla fine è uno dei miei pezzi preferiti assieme a The Chase, Agenda e Blackline Sundown). When Your Words Are Obsolete immette ventate di brutalità opposte ad un riffing inquieto e penetrante, sicuramente una buona conclusione prima dell’epilogo con Leave Me.

Se avete orecchie allenate (e occhi capaci di guardare oltre quella superficie pastosa), concedete un ascolto a Ashlands. Anche se, lo ammetto, sono certo che molti di voi finiranno per trovarlo noioso. I Rev 16:8 non hanno paura e finiscono per apporre l’adesivo con su scritto il motto salvifico: “la pazienza paga“.

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Summary

AFM Records (2011)

Tracklist:

01. Agenda
02. Ashlands
03. Blackline Sundown
04. A Study in Patterns and Habits
05. The Chase
06. Serenade
07. Rust Retinal Vein
08. Coal Mirror
09. When Your Words Are Obsolete
10. Leave Me

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