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Copertina dell'album You Only Live Twice dei Pain

Pain – You Only Live Twice

Pain – You Only Live Twice: Tägtgren rialza la tensione e libera l’estro

La leggera e impercettibile parabola discendente avuta dai Pain (visto il livello mostrato negli anni precedenti) trova finalmente freno. Psalms of Extinction e Cynic Paradise, pur essendo positivi, vivevano qualche vago momento appannato. Sembrava che un certo meccanismo legato all’ispirazione si fosse inceppato, complice qualche filler di troppo (e visto il personaggio coinvolto, la cosa un po’ ti stupisce).

You Only Live Twice arriva per mettere le cose su un gradino più spesso (senza però toccare gli apici assoluti rappresentati dal terzetto Rebirth, Nothing Remains the Same e Dancing With the Dead). Peter Tägtgren decide in qualche modo di “spogliare” i Pain da ciò che sono diventati. E va a premere con decisione su influenze vagamente più estreme e tanto care al suo “gruppo madre”: gli Hypocrisy. La vera novità è proprio questa. In più di un’occasione vi sembrerà di ascoltare “l’altra band”. E se la si ama incondizionatamente, le conseguenze arriveranno da sole (anche se i più attenti una certa “propensione” l’hanno sempre percepita). You Only Live Twice risulta in qualche modo fresco e “colorato” rispetto al classico disco standard dei Pain. Si percepisce maggior varietà e un raggio d’azione capace di evidenziare l’estro compositivo di Lord Tägtgren.

Tra rock easy e melodia catchy: la superficie visiva non riflette il contenuto

I due video preparati per la promozione dell’album sono assolutamente fuorvianti rispetto al resto del disco, una volta presa visione dell’insieme. Dirty Woman faceva presagire un approccio decisamente “rock oriented”, ancora più easy e ruffiano del solito (portando altrove i binari della mente), mentre The Great Pretender rappresentava il classico marchio da tiro, ispirato e pieno di creatività, capace di acchiappare tutto già al primo ascolto (e la melodia ormai “icona” di quel titolo viene parzialmente scacciata).

Per il resto sarà quasi scioccante ascoltare brani come Let Me Out, con quell’attacco e refrain tipicamente “Hypocrysiani” (emetto “brodo” ogni volta), o il classico lentone finale Season of the Reaper, che rimanda ancora ai medesimi territori (bellissimo davvero: Peter dimostra ancora una volta di essere Re quando si tratta di scrivere brani di questo tipo).

Fra tensione, creatività e revisioni: il lato multiforme dell’album

Feed the Demons tira fuori grandi linee vocali, riuscendo ad aggraziare e aggredire al contempo. Un discorso analogo lo si può fare anche per altre due cartucce fondamentali come la title track (con tastiere che richiamano ancora gli Hypocrisy, inaspettatamente virate verso il “western”) e l’intensissima We Want More (un plauso alle liriche). Rimangono poi la carina ma leggermente sottotono Monster e Leave Me Alone, già apparsa in un disco dei Sonic Syndicate ma che qui ritrova il suo vero creatore e miglior smalto rispetto alla versione originale (basterebbero già i primi secondi per capirlo).

You Only Live Twice rialza prepotentemente le quotazioni targate Pain. In qualche modo ci rassicura, ci conforta e – se vogliamo – potenzia anche i suoi predecessori diretti. Gli ossessionati del metodo di scrittura di Peter (come il sottoscritto) saranno ancora una volta completamente appagati. Gli altri, invece, non dovranno certo partire da qui per iniziare la sua conoscenza.

  • 70%
    - 70%
70%

Summary

Nuclear Blast Records (2011)

Tracklist:

01. Let Me Out
02. Fear the Demons
03. The Great Pretender
04. You Only Live Twice
05. Dirty Woman
06. We Want More
07. Leave Me Alone
08. Monster
09. Season of the Reaper

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  • Data dell'articolo
    12 Giugno 2015
  • Pubblicato da
    Duke
  • Pubblicato in Recensioni, Thrash Metal/Violent Frequencies/Post Metal
  • Taggato con Hypocrisy, Nuclear Blast Records, Pain
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Tema di Anders Norén

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