Ov Hell – The Underworld Regime

Ov Hell – The Underworld Regime: un debutto controverso

E pensare che avevo nutrito qualche aspettativa ai tempi dell’annuncio di The Underworld Regime. Aspettative nate dalle due tracce in anteprima, che in qualche modo lasciavano intravedere un prodotto almeno appetibile da parte degli Ov Hell. E invece, anche quelle sono state risucchiate nel vortice di inutilità generato inesorabilmente dal resto del disco.

Una superband che non decolla

Desolazione e un pressapochismo evidente sono le sensazioni dominanti che ho provato durante il breve ascolto che gli Ov Hell ci hanno proposto. Non vorrei cadere nei soliti discorsi commerciali, ma in un modo o nell’altro si finisce sempre lì. Stavolta King arruola Shagrath alla voce e Frost alla batteria. Tuttavia, la presenza di questi nomi finisce per affossare ulteriormente il lavoro: Frost fa il suo, come sempre, ma quando manca il mordente nei brani – come accade nei più recenti lavori dei Satyricon – il risultato ne risente pesantemente. E Shagrath, fuori dal contesto dei Dimmu Borgir, risulta semplicemente fastidioso.

Il tutto sembra realizzato in fretta e con il minimo impegno sindacale. Non c’è un solo momento in cui si percepisca un briciolo di passione. Una piattezza evidente che rovina anche quei pochi passaggi potenzialmente salvabili (e pensare che, in generale, la voce di Shagrath non mi dispiace affatto).

Brani dimenticabili e déjà vu sonori

Gli Ov Hell si presentano con un suono freddo e meccanico, ma con un vuoto interiore davvero disarmante. Sembra che King abbia tentato un tuffo a capofitto nel sound degli Immortal (brani come Invoker e Perpetual Night sembrano scarti di All Shall Fall, il che la dice lunga), con qualche eco del suo passato nei Gorgoroth.

Ghosting, nei suoi sei minuti, non porta da nessuna parte, se non in un inevitabile vicolo cieco. E l’odore del già sentito è così forte da risultare nauseante.

Così, tra sfuriate “zuccherose” e quella convinzione di essere tremendamente oscuri (che finisce per sfociare nel grottesco) si arriva alla fine dell’ascolto con addosso una forte perplessità. Ci si chiede il senso di tutto ciò, nonostante sia palese il tentativo (piuttosto goffo) di cavalcare la scena.

A salvarsi, per quanto mi riguarda, restano la strofa di Post Modern Sadist e l’attacco iniziale di Invoker; poco altro, quando invece avrei voluto quantomeno riuscire a salvare il salvabile.

Ci sarà un futuro per gli Ov Hell? Se questa è la direzione, sarebbe meglio non sentirne più parlare. In breve: statene alla larga.

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Riassunto

Indie Recordings (2010)

Tracklist:

01. Devil’s Harlot
02. Post Modern Sadist
03. Invoker
04. Perpetual Night
05. Ghosting
06. Acts Of Sin
07. Krigsatte Faner
08. Hill Norge

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