Funeral Doom estremo dalla Russia: Darkness of Sorrow degli Odio Vestri
Molto buona l’idea – a suo tempo – di formare la Art Of Silence Series, sotto etichetta della più conosciuta BadMoodMan Music (altresì nota come Solitude Productions). La sua politica si basava sullo scandagliare l’underground per valorizzare interessanti “pietruzze”, troppo estreme o ancora acerbe per una release “massivamente commercializzata”. Così sono nate queste edizioni ben curate, proposte su semplice cartoncino e limitate – purtroppo – a sole 100 copie ciascuna. Un inizio importante, ma volutamente in punta di piedi. Un sicuro “eden” per i malati di collezionismo. L’album dei russi Odio Vestri è stata la pubblicazione che più di tutte mi ha catturato tra questa prima manciata. Già al primo ascolto emergeva un elemento decisamente positivo, ma è stato solo con i successivi che è scattata la scintilla definitiva.
Specificare anzitempo le caratteristiche di Darkness of Sorrow è fondamentale per decidere se intraprendere o meno il suo percorso. La musica affonda le radici nel funeral doom più estremo (anche se etichettarlo così rischia di sminuirlo), e i quattro brani proposti si avvicinano più volentieri ai venti minuti che ai dieci. Sono inoltre privi di una componente vocale vera e propria (forse inizia a delinearsi un’immagine nella vostra mente), fatta eccezione per qualche brevissima apparizione spettrale. Le qualità che più mi affascinano della loro musica sono l’uso delle tastiere di sottofondo, ma soprattutto quel suono di chitarra. Un ronzio costante e invasivo, come colpi di frusta rallentati e indolori, vero mattatore di questo oscuro prodotto.
Il suono generale assume un aspetto particolarmente spettrale e distante, capace di evocare profonde sensazioni di trasporto, ma anche di forte e voluto isolamento. Potrà essere un terreno fertile, ma solo per pochi. Sarà necessario lottare per cogliere i preziosi frutti che il disco ha da offrire.
Track-by-track: quattro movimenti di pura desolazione
L’opener Mrak Pechali trasmette un forte senso di assenza e smarrimento (in pratica, la canzone è un invito a lasciarsi andare, a smettere di credere nelle fatidiche “false speranze”). La successiva Tlen Nadezhdy rappresenta forse il manifesto musicale ideale della band: riverberi, aperture vagamente “sinfoniche” e un ritmo leggermente più presente sullo sfondo, senza dimenticare quella melodia capace di inondare un finale di grande bellezza. La terza traccia, Forma Melanholii, è un affresco funereo che saprà intrigare le personalità più cupe, mentre Vechnaja Skorb’ chiude il viaggio sottolineando quanto il mood ambientale sia parte assolutamente fondamentale dell’economia musicale del progetto. In questo brano si sprigionano anche le migliori alchimie fra tastiere e chitarra (i brividi sono ammessi, oltre che silenziosamente richiesti).
Ipnotico, lento, e capace di ghermire la propria preda per sfinimento. Darkness of Sorrow è un piccolo gioiello nascosto che merita di essere portato più spesso alla luce (ovviamente solo quella metaforica). Non cercateci dentro chissà quali idee perché non ne troverete. Gli Odio Vestri vi preparano solo un terreno arido, presentato nella forma di una “pace apparente”.
Summary
Art Of Silence Series (2009)
Tracklist:
01. Mrak Pechali
02. Tlen Nadezhdy
03. Forma Melanholii
04. Vechnaja Skorb’