Near Grey – Yage: il post metal strumentale che accarezza e destabilizza
Un salto in Canada per andare a conoscere i Near Grey: la formazione sfoga i propri dispiaceri terreni sotto forma di un post metal interamente strumentale. I minuti passano e loro si prendono il tempo necessario (non ci troviamo al cospetto di una fruizione fulminea; se è quello che solitamente cercate, statene pure alla larga in via precauzionale). Non si fanno rincorrere da niente e nessuno, e se sarete persone buone e pazienti potrete cogliere i pregevoli frutti che Yage ha da offrire.
Sarà un gioco ordinato e sensoriale ad andare in scena. I Near Grey non si accontentano di prendere tempo e minuti a caso (così, giusto per fare i saccenti di turno). Tutte e tre le canzoni hanno un loro preciso perché, e scoprirlo/realizzarlo lentamente sulla nostra pelle credo sia esattamente quello che questi ragazzi volevano ambire a suscitare. Tre canzoni, venti minuti ciascuna. Se questi numeri non intimidiscono, allora potrete affondare zanne, sentimenti e pensieri sopra Yage. Spegnete l’interruttore del cervello e lasciatevi trasportare da questa valanga di staticità. Lasciatevi destare per poi risorgere nei momenti richiesti, salvo godere appieno nel momento in cui vi verranno requisiti.
Strana ambiguità, inquietudine e stupore: il fascino di Darien Gap
Darien Gap svolge l’apertura meno scontata possibile. I primi cinque minuti costituiscono un fastidioso/zanzaroso crescendo, poi il brano si disincaglia ciondolante, cercando illusoriamente di liberare scorie e inquietudini varie (posso ergerlo a mio preferito, proprio grazie a un certo equilibrio di base – non un umore specifico, solo strana ambiguità – e poi gli ultimi due minuti cosa caspita sono!?!).
L’ambiente vibra, sono tenebrosi i bassi mentre i synth offrono l’appiglio per i sensi d’elevazione, ma mai viene concesso loro l’intero dominio. Ed è proprio qui che si gioca la parte cruciale della partita (il famoso indice di gradimento). Katun Cycle comincia melodica ma al contempo losca: c’è sempre qualcosa di “non positivo” nell’aria, e lo si avverte appieno nei lunghi passaggi che conducono a una piacevole perdizione.
Sbottonarsi lentamente fino a svanire: l’intimità di Desquamation
Desquamation sparge introspezione e retrogusti doom, poi si sbottona soavemente, ci parla con voce palpitante poco prima di andare a dissolversi. E il ricordo rimane lì, un appiglio fondamentale e indissolubile, certamente una costante generale, però qui più che altrove proposta in maniera spiccata e speciale.
Sospesi in un limbo, consegnati nuovamente al mondo reale con più dubbi rispetto alle certezze, più realtà di quello che potevamo forse immaginare. I Near Grey compiono un passo davvero importante e spero quanto prima qualcuno se ne accorga, perché Yage merita attenzione e “l’assenza” necessaria.
Non c’è voto, quello sarete voi a deciderlo.
Summary
Autoproduzione (2015)
Tracklist:
01. Darien Gap
02. Katun Cycle
03. Desquamation