L’impavido e glaciale Demonaz (Harald Nævdal, storica e fondamentale mente degli Immortal assieme ad Abbath) esce finalmente allo scoperto dopo gli anni di buio con il suo progetto solista. Ad accompagnarlo troviamo la solita Nuclear Blast e collaudati compagni di avventura come Ice Dale (I, Ov Hell, Enslaved, Audrey Horne) alla chitarra e lo storico Armagedda (Immortal, I) dietro le pelli.
March of the Norse è un esordio che ben si incastra fra i prodotti della “Immortal Family“, aspettatevi quindi di sentire chitarre e strutture perfettamente in sintonia con le ultime produzioni fatte da Abbath. La musica targata Demonaz ha lo scopo ben preciso di apparire ancor più epica e meno gelida del solito.
Se i Bathory sono stati mportantissimi per la musica degli Immortal, lo stesso discorso si può amplificare per March of the Norse, un album che costruisce le proprie fondamenta sullo stile magico/epico del mitico Quorthon.
Demonaz confeziona per l’occasione sette brani molto simili fra di loro, un bel blocco roccioso che soddisferà certamente l’adeguata fascia di pubblico a cui si vuole offrire. I tempi sono cambiati e i paragoni con il passato dell’artista non possono più reggere, nonostante il disco suoni “vecchio”, si percepisce chiaramente una piccola evoluzione rodata dagli anni, un’evoluzione che ha portato a creare musica sicura e di certo poco sorprendente. Ma mi spiego subito, le canzoni ci sono e sono valide, tuttavia non si arriva mai (eccetto Under the Great Fires per quanto mi riguarda, una cavalcata straordinaria) allo splendore eccelso, ovvero a quella sensazione di completezza che sa regalare solo un disco più che speciale.
Se pensiamo (forse più giustamente) a March of the Norse come capitolo a sé stante, allora potremo parlarne meglio, un esordio ottimo, emozionante e completo (e tutto quello che volete) nella figura che vuole incarnare, un disco che si tuffa e bagna nella fonte della pura epicità. Da questo punto non gli resterà altro che attingere forza ed essenza e diramare in tal modo il proprio fascino.
Con All Blackened Sky siamo già in piena tempesta, la canzone è fra le migliori qui dentro, grazie soprattutto alla sua cristallina intensità (e alla sua magica lead guitar finale). A seguire troviamo la title track che pensa a diminuire i giri per aumentare di conseguenza la carica epico/enfatica, caratteristica che rimarrà bene o male su queste coordinate sino al termine.
A Son of the Sword trova forza nel “rigenerante” riffing e nel suo anthemico refrain, mentre Where Gods Once Rode pensa ad elargire buon gusto a palate. Under the Great Fires nella sua semplicità è riuscita ad essere la mia preferita, in qualche modo strofe e ritornello riescono a darmi una carica maggiore rispetto al resto delle concorrenti. Over the Mountains è un’altra dimostrazione di come le cose “easy” (qui in sembianze di fraseggi) riescano sempre bene al sornione Demonaz. L’ascolto si conclude poi con Legends of Fire and Ice, pezzo convincente e dal ritmo incisivo.
March of the Norse non impiegherà molto nell’affascinare l’ascoltatore di turno. Semplice e diretto, passa così in fretta che lascia pure una discreta voglia di essere riascoltato. I flop dai nomi più noti stanno diventando sempre più frequenti, ma sono davvero contento che Demonaz abbia infine superato questo ostacolo credo abbastanza impervio. Lezione sicura, certamente “ruffiana” per l’effetto somiglianza ma finché viene fuori bene non c’è alcun motivo di lamentarsi.
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Riassunto
Nuclear Blast Records (2011)
Tracklist:
01. Northern Hymn
02. All Blackened Sky
03. March of the Norse
04. A Son of the Sword
05. Where Gods Once Rode
06. Under the Great Fires
07. Over the Mountains
08. Ode to Battle
09. Legends of Fire and Ice