Téras dei Naglfar: cinque anni di silenzio spezzati dalla giusta brutalità
Sesto movimento discografico in casa Naglfar ed ennesimo ottimo disco, pronto a non badare ad alcun fronzolo (alla fine, solo l’esordio Vittra volgeva lo sguardo verso altri “emisferi”). Solita irruenza svedese, quella capace d’inorridire chi non ha più voglia di ascoltare black metal melodico/cattivo-andante come si faceva un tempo. Perché potrete girarlo pure come volete, ma Téras colpirà il bersaglio prescelto fin dalla partenza, grazie alla consolidata esperienza della band.
Irruenza da cima a fondo, un circolo che si chiude (introduzione e finale della conclusiva The Dying Flame Of Existence riprendono lo stesso tema), con nel mezzo un bel massacro elettrico. Orchestrato a dovere dalla ormai rodata coppia Andreas Nilsson/Vargher.
Alla voce troviamo ancora una volta “l’ossidante” Kristoffer Olivius. La sua prestazione è, come al solito, arrembante e poco propensa ad aprire spiragli inconsueti. I Naglfar si confermano fortemente ferali, forti di un cantato aspro e ficcante. Una voce che forse (diciamo sicuramente) non spicca per personalità, ma che sa interpretare al meglio il riffing granitico/melodico sparato ai quattro venti con decisione dai due loschi figuri citati sopra.
Ad attenderci una nuova trincea sonora dopo Pariah e Harvest
Così Téras aggiunge nuovo spazio alla trincea formata precedentemente da Pariah ed Harvest, consolidando i Naglfar dopo cinque tristissimi anni di silenzio. Esalta con una manata di brani brillanti (quattro su tutti: Pale Horse, III: Death Dimension Phantasma, Come, Perdition e The Dying Flame Of Existence), seguiti da altri due pronti a ben poca distanza (The Monolith e An Extension Of His Arm And Will).
La differenza fra una band esordiente e una abituata alla navigazione come loro si nota chiaramente nei brani diciamo “meno riusciti”. Nella fattispecie mi riferisco a Bring Out Your Dead e Invoc(H)ate. I Naglfar riescono infatti a farsi piacere anche quando il brano riesce in misura minore. Fattori di fondamentale importanza ai fini della valutazione finale (con loro, più che con altri, secondo me è necessario seguire strofe e refrain con testi alla mano, giusto per farsi trascinare ancora di più nel vortice proposto, anche sui pezzi “incriminati”). Certo, poi la guerra dei gusti farà sempre il suo decorso: le debolezze di ognuno verso alcuni gruppi di riferimento rimarranno più o meno ferme e difficili da lavare via (giusto ammettere i propri “prediletti”, i Naglfar per me lo sono sempre stati).
Téras non sarà il loro migliore disco, ma è esattamente ciò che serviva oggi
Téras non sarà certamente il loro miglior album. Però è quella dimostrazione di concretezza e stile che i seguaci stavano aspettando con pazienza, saggiamente chiusi nel loro silenzio. Se si va al di là di facili paragoni, se si scava dentro la loro corazza, non si farà fatica a capire la loro particolare magia. Il loro tocco – ne sono certo – saprà sfiorare nella maniera giusta chi si aspettava ancora grandi cose da loro. Il passato è passato, ma esistono modi per accettare meglio il presente. I Naglfar lo dimostrano con questo disco, che va ben al di là del facile ed onesto compitino di facciata.
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70%
Riassunto
Century Media Records (2012)
Tracklist:
01. Téras
02. Pale Horse
03. III: Death Dimension Phantasma
04. The Monolith
05. An Extension of His Arm and Will
06. Bring Out Your Dead
07. Come, Perdition
08. Invoc(H)ate
09. The Dying Flame of Existence