Mayhem – Esoteric Warfare: il caos calcolato
Vi ha deluso, disturbato, magari indignato? Non ci avete trovato neanche un briciolo di significato? Bene. Significa che i Mayhem hanno colto nel segno, perché Esoteric Warfare è esattamente questo che vuole: confondere, spiazzare, destabilizzare.
Certo, fa un certo effetto parlare di musica che non vuole attrarre a tutti i costi, che anzi sembra piazzare deliberatamente bastoni tra le ruote dell’ascoltatore. Ma è proprio ciò che succede ascoltando quest’opera dei norvegesi. A ben vedere, i Mayhem lo fanno da sempre, con particolare insistenza a partire da Wolf’s Lair Abyss del 1997 (lo facevano anche prima, certo, ma i “noti eventi” diedero una spinta mediatica non indifferente). L’apice di questa tendenza arrivò nel 2000 con Grand Declaration of War: un disco tanto divisivo quanto coraggioso. E sotto certi aspetti, Esoteric Warfare è altrettanto temerario, forse persino di più, considerando quanto oggi il fattore economico influenzi ogni scelta artistica.
Vi chiedete perché continuino a suonare in questo modo? A pubblicare dischi tanto spigolosi? Me lo sono chiesto anch’io. Ma col tempo, il loro percorso è diventato più chiaro. Portare avanti il nome Mayhem non è mai stato facile, e sarebbe stato più comodo abbandonarsi a suoni puliti, a forme-canzoni più canoniche. Potevano benissimo saturare il mercato con uscite a raffica, spremendo fino all’osso il marchio. Invece no. Che sia per ispirazione reale o per testardaggine poco importa: il progetto Mayhem è andato avanti, passo dopo passo, delineando una traiettoria sempre più netta, e arrivare oggi con un lavoro come Esoteric Warfare vuol dire, almeno ai miei occhi, essere veri professionisti. Soprattutto, significa fregarsene del giudizio di (quasi) tutti. E non è un dettaglio da poco.
Un disco da scalare: la sfida di Esoteric Warfare
Esoteric Warfare è un’opera da affrontare senza difese, lasciandosi travolgere. Vietato staccare la spina troppo presto, anche se inizialmente tutto può sembrare fuori fuoco: perché “quel momento” – quello che cambia la percezione del disco – potrebbe arrivare da un istante all’altro. Vedo questo album come un blocco monolitico, inespugnabile, e dall’altra parte l’ascoltatore che cerca invano di interpretarlo secondo logiche predefinite. Il problema è che Esoteric Warfare rifiuta l’emotività: arriva freddo, metallico, asettico. Gioca contro le aspettative, contro i riflessi emotivi che di solito regolano l’esperienza musicale.
Devo ammettere che con Esoteric Warfare i Mayhem mi ha fatto rivivere sensazioni dei primi tempi col black metal. Non tanto per i suoni, quanto per il modo in cui mi ci sono dovuto avvicinare, lentamente. Inizialmente ero spiazzato, quasi infastidito (sì, anch’io ero tra i “delusi” delle prime righe), ma poi mi sono aggrappato a certi momenti, e da lì ho iniziato a scalare, pazientemente, questo muro. Attimo dopo attimo, riff dopo riff, ho capito il valore reale e non comune di questo disco.
Dentro Esoteric Warfare ci sono così tante idee che ci si potrebbe scrivere un doppio album. Solo che, invece di diluirle, i Mayhem le stratificano senza pietà, creando un flusso caotico e irrefrenabile. Zero tempo per pensare. Zero respiro. È come venire travolti da una valanga: pochi secondi che sembrano durare un’eternità. E alla fine resta una sola sensazione, una sola parola: impotenza.
Quando tecnica e interpretazione salvano il disordine
La produzione è volutamente ovattata, e le parti sembrano slegate tra loro. Ma è solo apparenza. Le doti individuali di Hellhammer e Attila Csihar tengono tutto insieme. Attila, in particolare, continua a cercare l’unicità: a volte emerge con il suo classico timbro indefinibile, e in quei momenti ti ritrovi a pensare: “Ah… Attila!”. Ma lo fa con parsimonia, e proprio per questo ogni comparsa lascia il segno. Posthuman, in questo senso, è forse il momento più emblematico.
Le chitarre, dal canto loro, macinano in modo incessante e strafottente linee dissonanti e irregolari, mutano frequenze, colpiscono dove meno te lo aspetti. Di tutto il disco, probabilmente solo l’inizio di Pandaemon si stampa davvero in testa. Scelta perfetta, invece, aprire con Watchers: lancia il disco nel modo giusto, lo introduce bene e si lega perfettamente a quello che, volendo usare una parola grossa, potremmo definire il “classico” del lotto, Psywar (ma quanta rabbia sprigiona!).
Esoteric Warfare è un sussurro di follia, un disco impossibile da catturare. Rimane sempre un passo avanti rispetto all’ascoltatore, il quale può solo subirlo, in uno stato di passiva abulia.
È davvero difficile inquadrarlo con un voto, dargli una valutazione definitiva. Ma col tempo mi sono convinto del suo valore. Dovevo scriverne qualcosa. Più lo ascolto, più mi rendo conto di essere vicino non alla verità, ma alla mia verità su questo album.
Il mio consiglio, spiccio ma onesto, è:
“Trovatevi i vostri momenti dentro questo disco. Quelli in cui scatta una scintilla – se scatta. Rafforzateli. Poi tentate di scardinare il resto.”
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77%
Summary
Season of Mist (2014)
Tracklist:
01. Watchers
02. Psywar
03. Trinity
04. Pandaemon
05. Mylab
06. Six Seconds
07. Throne Of Time
08. Corpse Of Care
09. Posthuman
10. Aion Suntalia