Goatpsalm – Erset La Tari

Confezionamento di livello per l’esordio discografico dei russi Goatpsalm (garanzia offerta come di consueto da Aesthetic Death), una band che affronta un genere “ritual ormai abbastanza in disuso (vi basti sapere che l’album in questione è dedicato ad entità quali MZ412 e Abruptum) e che farà la felicità di quelle poche anime rimaste ad ascoltare pura -e Sumera in questo caso- oscurità fatta musica.

Erset La Tari si muove per quarantacinque minuti raggelanti, tribali e demoniaci attraverso tre canzoni-portali che potrebbero benissimo valerne come una (nonostante alcuni cambi siano evidenti, l’ascolto non può essere minimamente frazionato) Tre spaccati che potrebbero rappresentare allo stesso tempo una sfida o un vecchio ritrovo (dipende da che punto le si guarda) dove poter curare le divagazioni più folli e perverse del nostro animo.

Utuk-Xul ci spalanca davanti l’ingresso di una caverna, l’inizio di un viaggio che sai già andare allo scatafascio. La formula dark ambient minimale viene accompagnata da lenti rintocchi elettrici della sei corde, un dialogo tetro tra suoni, riverberi e recitazioni maledette, un lento sprofondamento costante nella sua strana e contorta impalpabilità. Si respira malessere, si respira chiusura mentre i minuti cadono uno dopo l’altro inesorabilmente sino ad arrivare a quota venti. Questa non è musica, questa è pura esperienza demoniaca, una esperienza per la quale bisogna essere pronti mentalmente altrimenti si finirà con il pagare con la noia (o disagio, ma quello è in parte voluto).

Nemmeno la breve Bab-Illu potrà aiutare i meno avvezzi a tali sonorità, non c’è concreta via d’uscita da Erset La Tari, nemmeno un timido spiraglio si intravede nel più nascosto secondo d’ascolto. Il rituale procede e si conclude senza il minimo cedimento, anzi, quasi amplifica la propria voce con la terza ed ultima Under The Trident Of Ramanu dove l’etichetta black metal potrà venire “scomodata” (ottima la sensazione data dall’arrivo scandito delle chitarre affiancate di rigetto dalla sibilante interpretazione vocale).

Aspettatevi fastidio e sensazioni di chiuso accompagnate da una voce estrema, sibilante e a tratti quasi grottesca, momenti tribali, lenti ed ipnotici e lunghe partiture oscure sino allo sfinimento. Le chitarre poi sono come lame pronte a ferire laddove necessario. Erset La Tari è cosa per pochi (ma pochi davvero) e non so veramente chi possa ritenerlo interessante in questi tempi dove è soltanto l’immediatezza, il “tutto e subito” a regnare sovrano.

Dare un voto terreno è quanto di più sbagliato io possa fare, non c’è un modo di quantificare una musica che scava nel profondo e allo stesso modo anestetizza o annienta così tanto. L’evocazione di un rituale che si sparge attraverso l’orecchio, dove niente o nessuno farà qualcosa per rendervi il soggiorno più confortevole.

Saranno solamente fatti vostri quando vi ritroverete a tu per tu con questo disco, e solo a quel punto potrete evitare di raccontarvi menzogne. L’importante è che scacciate fin dall’inizio ogni desiderio di andare incontro a qualcosa di lineare o che possa avere dei confini.

Summary

Aesthetic Death (2012)

01.Utuk-Xul
02.Bab-Illu
03.Under The Trident Of Ramanu