Hybrid Sheep – Free from the Clutches of Gods: deathcore moderno con grinta e visione
Dopo due EP di rodaggio, è giunto il momento dell’esordio per i francesi Hybrid Sheep. La band si lancia visceralmente su una formula moderna che mescola death metal e metalcore. I ragazzi non si fanno mancare nemmeno partiture più brutali (per brevi tratti compare anche un “grugnito” in stile growl), così come sezioni decisamente più melodiche.
Potrà sembrare un calderone senza capo né coda leggendo questa descrizione – e sotto certi aspetti lo è – ma a volte capita di essere positivamente sorpresi, di riuscire ad abbattere quella barriera iniziale che frena l’entusiasmo, ritrovandosi a leggere un disco in una chiave diversa da quella che si immaginava. È stato proprio questo il caso di Free from the Clutches of Gods. Un album che aveva tutte le carte in regola per essere bollato come semplice “piattume moderno”. Fortunatamente, così non è stato. Il disco scorre infatti molto bene, fa volare il tempo e riesce a insinuarsi sotto pelle, lasciando addosso anche una discreta voglia di riascolto.
Tecnica, caos controllato e potenza strumentale
Tecnica e suono sono invasivi e impattanti, con la chitarra sempre in primo piano, abile nel costruire strutture accurate su cui si appoggia il resto. La batteria è chirurgica, come colta da un raptus permanente, mentre i bassi incidono a favore di quel “flavour negativo” che resta tangente per tutta la durata. Ci si arrampica insieme a chitarre ben studiate ed espressive, capaci di cambiare registro con naturalezza. I riffs sono secchi, ritmici, melodici, introspettivi: tutto è mescolato con gusto, creando un forte “effetto sincope”. Il tutto è guidato da un growl mai statico, sempre alla ricerca di un quid in più. Va specificato che, per ora, la voce pulita non è contemplata, e il risultato dà loro pienamente ragione.
Free from the Clutches of Gods ti acchiappa inesorabilmente (o almeno quella è la speranza). Questo nonostante i riffs siano massicci e muscolari e restino in sella come protagonisti. Il resto lavora in modo funzionale, contribuendo alla riuscita di un prodotto che cresce man mano che la tracklist avanza. Le tracce migliori, a mio parere, si trovano proprio nella seconda metà dell’album.
Se l’inizio è ben rappresentato dalla doppietta An Illness Called Callousness e dalla più sfuggente Dark Passenger, sarà con Liar’s Promises che ci si comincerà davvero a “sbottonare”. Sarà una conseguenza restare invischiati in We Were Giants o ricevere veri e propri pugni nello stomaco con A Man Chooses… A Slave Obeys. Ci pensa poi la “brutalmanonsolo” chirurgia di Dead Rats Don’t Squeak a suggellare meravigliosamente i loro passaggi più creativi, prima che Maze of Streets chiuda questi quaranta minuti scarsi e indiavolati.
Un album ibrido quello degli Hybrid Sheep, solido e da riscoprire
Se vi venisse voglia di ascoltare un prodotto “ibrido” ma ben strutturato e sorprendentemente chiaro, al di là del caos apparente, qui lo avete certamente trovato. I vostri pomeriggi saranno, senza dubbio, molto più movimentati con gli Hybrid Sheep in sottofondo.
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70%
Summary
Tenacity Music (2014)
Tracklist:
01. An Illness Called Callousness
02. Dark Passenger
03. From Stupid to Putrid
04. System is Crumbling
05. Liar’s Promises
06. Plague of Locusts
07. We Were Giants
08. A Man Chooses…A Slave Obeys
09. Dead Rats Don’t Squeak
10. Maze of Streets