Hybrid Circle – A Matter of Faith

Mettersi in gioco buttando interamente – e gratuitamente – il nuovo disco nella mischia di internet. Una promozione diretta e accurata quella degli Hybrid Circle. In grado di arrivare subito al dunque. Una sorta di sfilata coraggiosa che sfrutta i mezzi odierni, ma che al contempo rappresenta anche una sfida: una ribellione contro un sistema che sta andando sempre più fuori dagli schemi della normalità. Un combattimento da infiltrati nel territorio del nemico (non avere una corrispondenza solida significherà sempre questo, in questo campo), le armi vengono appuntite e i protagonisti sono prontissimi per questo nuovo scontro.

Ed è proprio questo che vogliono essere gli Hybrid Circle. Una band in grado di fare ciò che vuole, quando e come gli gira. Così mettono nelle mani di Tony Lindgren e dei suoi Fascination Street Studios il nuovo A Matter of Faith, e si rintanano in un angolino ad aspettare verdetti, o qualunque cosa di buono possa arrivare. E il disco non è affatto uno di quelli poco studiati o buttati fuori in maniera sbrigativa. Ci troveremo davanti ben undici pezzi più una cover compressa – ma riuscita – di Headup dei Deftones. Per una durata complessiva di circa tre quarti d’ora.

Le cose sono chiare e nitide fin da subito. Nascondersi non serve a nulla. E a convivere, quasi in maniera beffarda, troviamo da una parte la completa fiducia nel proprio operato, dall’altra le enormi barriere che oggi deve superare una band di nicchia per essere notata a dovere.

La produzione ci riempie già in partenza con l’introduzione Son of Galileo, breve costruzione che si incastra perfettamente con My Twins, primo di una serie di attacchi. Il brano propone un refrain arioso (e assai riuscito), aspro combattente contro un riffing aggressivo, disteso da tastiere sempre pronte a colorare il tutto con tocchi cyber e generalmente futuristici. La band dimostra (consciamente o meno) di guardare molto al grande Nord. Direi che i fan di Soilwork, In Flames, Mercenary o dei più recenti The Unguided potranno trovare in A Matter of Faith un’alternativa inaspettata quanto gradita.

Ma le differenze, fortunatamente, ci sono. Gli Hybrid Circle cambiano spesso e volentieri registro. Tecnicizzando alcuni passaggi (senza mai complicare qualcosa che comunque arriva dritto in faccia) o addirittura appesantendoli con elementi cari alla scena metalcore. Mai dominanti, sia chiaro. Piuttosto un filo sottile che tiene tutto insieme.

Una volta raggiunta la loro linearità, gli Hybrid Circle si divertono. Le canzoni piombano su di noi con semplicità, cadendo inesorabilmente una dopo l’altra. Quasi non ci danno il tempo di respirare o metabolizzare qualcosa (ricorderemo solo determinati frangenti, come pungenti flashback), perché quella che arriva dopo ti prende subito e azzera quanto appena ascoltato. Il disco arriva a stritolarti a modo suo, rendendoti difficile, quasi impervia, la sua stessa immediatezza.

Riuscire a ottenere una certa longevità d’ascolto pur essendo così melodici è solo un pregio. Ogni nuovo giro su A Matter of Faith diventa qualcosa di stranamente nuovo, ma con reminiscenze già saldamente impresse a livello cerebrale.

Ogni brano ha la sua parte buona (vedi voce melodica) e quella cattiva (l’impatto). Entrambe non si impongono mai l’una sull’altra, ed è così che escono pezzi da scorrimento come The Impossible o la bipolare Age of Rationality. Impossibile poi non elogiare l’operato del nuovo singer Antonio Di Campli, capace di versare rabbia e sentimento a seconda della situazione richiesta. In entrambi i registri non risulta mai forzato o fuori posto, offrendo una prova d’immediato spicco davvero incoraggiante.

Nel reparto “canzoni migliori” finiscono anche The Parallax (un mix etereo e pungente). E la trilogia conclusiva denominata Trial of Trust (su Arrival on Titan troviamo un piacevole mix di progressive e Katatonia), dove la band sembra cercare una nuova ispirazione, alternativa rispetto a quanto proposto nel resto dell’album.

A Matter of Faith è un prodotto altamente professionale, da citare anche la collaborazione con il chitarrista Felix Martin sulla traccia numero quattro, Age of Rationality. Un piccolo dono che spero prenda presto forma fisica. L’amo della curiosità è stato lanciato con strategia. Ora non resta che vedere se qualcuno abboccherà. Nell’attesa… ascoltiamolo tutti, come una schiera di ordinati, silenziosi e speranzosi spettatori.

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Summary

Autoproduzione (2014)

Tracklist:

01. Son of Galileo
02. My Twins
03. The Impossible
04. Age of Rationality
05. Science Fiction
06. The Parallax
07. Digi-Christ
08. Eternity
09. Trial of Trust (Arrival On Titan)
10. Trial of Trust (Colony of Salvation)
11. Trial of Trust (The Giant Leap)
12. Headup (Deftones cover)

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