Exiled From Light – Descending Further into Nothingness: un viaggio nelle viscere del depressive black metal
Nel 2009 il depressive black metal era “di moda”: una di quelle classiche situazioni in cui era difficile districarsi nella fitta sterpaglia che si era venuta a creare. Emergere con un sound personale era complicato, senza rischiare di sembrare la copia della copia della copia. Allo stesso tempo, però, era anche difficile deludere. Bastava una prestazione vocale lacerante, tempi opportunamente dilatati, qualche accelerazione usata come lubrificante, ed ecco che il risultato era già bello e pronto. Gli Exiled From Light, nella figura di Mort (se vi piace, vale la pena esplorare anche il progetto When Mine Eyes Blacken), erano sicuramente tra gli esponenti più brillanti del genere con l’album Descending Further into Nothingness.
Un nome da possedere senza esitazioni, soprattutto se si frequentava con ostinazione quel mondo. Ma li consiglierei anche ai meno “fissati”. Per chi adora ogni tanto e con moderazione fare una capatina nel settore più “lagnoso” e decadente in circolazione.
Un esordio che non lascia scampo
Descending Further into Nothingness era il primo full-length di questa one-man band neozelandese, capace di dichiarare i propri “loschi” intenti in modo chiaro e senza troppi giri di parole. Mort voleva trasmettere catatonia e pietrificazione attraverso la sua musica, e non gli mancavano certo i mezzi per riuscirci.
La registrazione contribuiva a sigillare definitivamente l’opera: niente di marcio o incomprensibile all’orizzonte. Solo suoni rotondi e disillusi, volutamente marcati, talmente amplificati da risuonare con una potenza inaspettata. Nonostante ciò, la musica firmata Exiled From Light mantiene il necessario distacco, oltre a un discreto senso di freddezza. È un incedere depressive/doom quello che accompagna la sconsolata compagnia del disco. I brani si somigliano molto tra loro e spalancano le porte allo scoraggiamento più profondo, come una tagliola pronta a soffocarti già dopo pochi secondi. Poche anime saranno pronte ad accoglierlo, perse tra nenie inesorabili, così tetre e sorrette da una tastiera grigia, impalpabile, immobile.
Brani-monolite e psicologia del dolore
Lo screaming è pura lacerazione, ben oltre i soliti schiamazzi convenzionali: in più di un passaggio, Mort riesce a provocare brividi lungo la schiena. Le canzoni non sono mai brevi, e questo rende la preparazione psicologica un’arma necessaria, da tenere a portata di mano ancor prima di premere quel dannato tasto play per la consueta (e voluta) dose quotidiana di sofferenza. Nulla appare fuori posto, nessun brano risulta poco riuscito o trascurabile. Ogni minuto immesso è vissuto intensamente, e la stanchezza apparente diventa un elemento chiave una volta trovato l’habitat ideale. Ottime le iniziali Further Into Nothingness e Neath the Oppressive Moonlight, ma è con Suffering Waits with Arms Wide Open che Mort supera sé stesso, toccando corde di rara intensità e glaciale distacco.
Un incedere personale, potente, emotivo, ovviamente opprimente: Descending Further into Nothingness è un viaggio che difficilmente si dimentica. Una di quelle rare uscite concepite per restare in un territorio “neutrale”, dove la differenza tra positività e fallimento assume contorni impercettibili. Entusiasti o meno, ne usciremo comunque sconvolti e frastornati.
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72%
Summary
Hypnotic Dirge Records (2009)
Tracklist:
01. Descending…
02. Further into Nothingness
03. Neath the Oppressive Moonlight
04. Lurking Within Twilight
05. Suffering Waits with Wide Open Eyes
06. Drowning…