Odes Of The Occult: il rituale oscuro degli Execration
Il secondo disco dei deathster norvegesi Execration, intitolato Odes Of The Occult, si muove nel mezzo fra ottime atmosfere e rischi di pericolosa apatia. Si tratta di una “partita privata”, pensata esclusivamente per nostalgici, poiché il gruppo punta deciso a riportare in auge quel death metal tumefatto di una volta. Quello fatto di rallentamenti e brusche, frustranti accelerazioni.
L’operazione nostalgia, consolidata e confezionata dalla sempre puntuale Duplicate Records, ha previsto la stampa di un doppio vinile ghiottissimo per gli appassionati più truci (oltre al più canonico CD, pubblicato solo successivamente). Gustose leccornie ferrose, insomma. Tutto sembra promettere bene, peccato soltanto per l’aspetto cruciale – quello emotivo – che fatica a far scattare la scintilla decisiva e appagante. Una scintilla che spesso scatta grazie al nostro bisogno di proteggere ciò che riteniamo prezioso o degno a prescindere.
Da un lato, il rischio di cadere nella noia è presente. Dall’altro, gli Execration mostrano di sapere perfettamente dove colpire e come, forti di una passione autentica. Gli ascolti prolungati aiutano senz’altro a familiarizzare con le tracce. Un primo approccio, invece, potrebbe risultare scialbo o poco incisivo. E questo potrebbe essere il motivo per cui l’album rischia di apparire anonimo a molti.
Riff cimiteriali e incedere soffocante
Il sound, però, è una vera goduria. Sembra di camminare tra vecchi cimiteri sonori tornati a nuova vita, come ai tempi in cui il death metal muoveva i suoi primi passi, accompagnato da artwork gloriosi (tra l’altro, niente male la copertina di questo Odes Of The Occult) e da quel tipico incedere chiuso e soffocante. Chitarre e batteria favoriscono la dislocazione temporale, con un basso imponente che sorregge bene tutto. Ma il vero protagonista resta il growl, capace di snocciolare un repertorio da antologia e di inserirsi con maestria in qualunque contesto brutale (violento, lento, tenebroso, agghiacciante).
Odes Of The Occult è perversione e sacralità perenne. Il riffing monolitico incanta e soggioga. Brani come Ode To Obscurity, Entheogen (la mia preferita in assoluto) e A Crutch For Consolation – mastodontica nei suoi undici minuti – alternano passaggi proto-doom a momenti veloci, sanguigni e marci. Grains e Obsession risultano lievemente sottotono, ma il finale ristabilisce l’equilibrio con Left In Scorn e High Priest.
“Shakerate” la storia per bene: Death e Autopsy prima di tutto. Poi Entombed e Dismember nei loro momenti più oscuri e depravati; infine, una spruzzata primordiale di Cathedral e Paradise Lost, e il quadro potrà risultare completo. Odes Of The Occult, con il suo stile personale, si rivela una sorpresa continua. Il livello di apprezzamento crescerà di pari passo al legame stretto con le varie oscurità disseminate lungo il percorso.
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60%
Summary
Duplicate Records (2011)
Tracklist:
01. Ode to Obscurity
02. Unction
03. Entheogen
04. †
05. A Crutch for Consolation
06. Soul Maggot
07. Grains
08. Obsession
09. ‡
10. Left in Scorn
11. High Priest