Ci hanno eviscerato per cinque dischi, sono diventati mano a mano sempre più “impalpabili” o poco definibili, tale percorso li ha condotti a Vertikal, un grigio cumulo di macerie dall’inaspettata forma regale, a tratti progressiva, sorniona e disturbante.
I Cult Of Luna spostano ancora una volta l’asticella lontano dal concetto comune di “comprensibilità”, cinque anni di attesa perfettamente spiegati senza dover fare fatica di proferir parola. In fondo è sempre bello il senso d’attesa quando già sai (almeno al 99%) che la delusione girerà alla larga. Era proprio questo il caso di Vertikal, un disco capace di spiazzare come non mai, con convinzioni ed assolute certezze ad apparire poco prima di stordire o disorientare, come si diceva un tempo: “questo lavoro ti porta a perdere”. Il capolavoro della settima arte Metropolis (Fritz Lang, 1927) è qui musicato oscuramente e con infinita raffinatezza, Vertikal rappresenta l’affresco del puro smarrimento sonoro, un viaggio personale, musica che in qualche modo “ci rende migliori”, musica che ti porta altrove per azzerarti, e che ti fa pensare alle innumerevoli possibilità creative che sussistono ancora oggi.
Ogni microscopico passaggio di questo disco sarà da tramandare, proprio come il film a cui dichiara ispirazione ed amore. Lo giro e lo rigiro mentalmente Vertikal, cerco qualcosa che mi convinca del contrario ma non la trovo, vedo solo magnificenza, il tempo si azzera, ogni concezione andrà persa durante l’ora e oltre di durata. Ogni nuovo ascolto finirà per battezzare qualche novità che prima era sfuggita, quello dopo -incredibilmente- un’altra ancora, e così via, come se fosse un ciclo infinito, non abilitato a fornire risposte. Ad esempio ogni volta mi stupisce la “muta agitazione” che mi assale durante lo svolgimento della semplice intro di due minuti The One, un qualcosa che ti fa pensare: “sono davanti a qualcosa di speciale e ne sono già completamente consapevole“. Non saprei quante introduzioni perfette ci siano, ma di sicuro The One è una di quelle.
I Cult Of Luna prendono ogni concetto di “Post” e ne fanno poltiglia, non mi va proprio di cominciare a fare improbabili quanto infinite liste di generi, vi basti pensare al loro tipico marchio abrasivo/dilatato amplificato e smussato all’inverosimile, musica capace di abbracciare svariate situazioni e generi ma che in fondo rimane all’interno di un recinto, uno spazio tenuto sotto controllo di costanti cure.
La sicurezza, la certezza di essere di fronte a dei “mostri” la troverete su I: The Weapon, brano che spiega come loro possono scriverti tutti i classici che vogliono con il loro classico stampo, ma è solo un lampo per questa volta, questa volta il discorso sarà un pochino diverso, già a partire da Vicarious Redemption,18 rarefatti minuti posti a testimoniare l’eccellenza (per chi scrive l’assoluto apice del disco). Deformità inquieta pronta a plasmarsi attorno noi, chitarre messe a strappare e sradicare in mezzo a quieti frangenti di attesa, questa la sintesi di quello che Vicarious Redemption riesce a fare.
Era facile cedere malamente dopo un tale inizio ma i Cult Of Luna hanno la capacità di saper spezzare il ritmo, lo spaccato “obscure-space” intitolato The Sweep rende l’idea più che bene (niente cose messe li tanto per fare, tutto con tatto e senso nel suo lineare dispiegamento). Synchronicity si allaccia eclettica, dapprima sorniona, poi fornitrice di tepore, molto vicina grazie alla smisurata espressività vocale. Con Mute Departure ci troviamo in uno di quei casi dove il fascino esce solo alla distanza (terza/quarta, addirittura quinta battuta), piazzata anch’essa nel momento giusto, è costituita da puro filamento onirico (l’impennata “I turn to vapour and dissolve..” mi procura spasmi e quant’altro ogni inevitabile volta) dai tratti alienanti.
Il finale sempre fatto appositamente per riserbare ulteriori “lacrime”, prima In Awe Of (cosa non regalano quegli echi) e poi Passing Through (meglio non pensare a come fanno finire l’album altrimenti andrei ancora oltre, ma se l’avete vissuto anche solo come spero lo comprenderete di certo) mi bloccano, mi impediscono di formulare concretamente ulteriori paroloni, finisco per vederle come una sorta di “premio”, un dono per chi ha vissuto tutto Vertikal con anima e corpo, sino ai più insignificanti micro-recessi interiori.
Uno dei capolavori della loro carriera e dell’annata 2013, non c’è nessun dubbio a riguardo (se dubbi possono sussistere, vanno tutti al rialzo). Perderselo o non capirlo sarebbe una disgrazia bella e buona, un “danno” che ringrazio di aver evitato, se è caso cercate di rimediare anche voi, abbattete ogni barriera e godetene sino all’ultimo cingente respiro.
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Riassunto
Indie Recordings (2013)
Tracklist:
01. The One
02. I: The Weapon
03. Vicarious Redemption
04. The Sweep
05. Synchronicity
06. Mute Departure
07. Disharmonia
08. In Awe Of
09. Passing Through