Alunah – Call of Avernus: tra sabbia e fumo
Tempo di farsi conoscere con un demo, un EP e uno split. Ora ecco gli Alunah pronti al grande salto con il primo full-length intitolato Call of Avernus. Un po’ di gavetta questi inglesi se la sono fatta eccome, e i frutti del duro lavoro, si sa, arrivano sempre puntuali. Un premio concreto per la fatica e la devozione. La gavetta fa bene, e mai come in questo caso il detto calza a pennello.
I Nostri si inseriscono nel calderone doom/stoner psichedelico con grande perizia sin da subito. Oltre ai soliti grandi padri del genere, il primo confronto che balza alla mente è certamente quello con gli americani Jex Thoth (e, volendo, anche con i Thorr’s Hammer, sebbene qui la dimensione musicale sia già un po’ più distante). Il paragone nasce soprattutto dalla presenza di una voce femminile unica. Un cantato che si impone come protagonista assoluto, destinato a determinare il giudizio complessivo su Call of Avernus, senza possibilità di appello.
Apprezzare la voce di Sophie non sarà immediato: immaginate una versione giovane e acida di Ozzy, magari non sempre perfetta (volutamente?), ma capace di evocare una notevole carica epica e un’aura di sporcizia sonora, sempre puntuale nel dare energia ai brani. La sua voce si muove con disinvoltura su ogni registro. Se riuscirete a entrare in sintonia con la sua interpretazione, la comprensione di Call of Avernus e degli Alunah sarà tutta in discesa. Perché ogni pezzo ha una sua forza trascinante, fumosa, aspra e sgraziata. Insomma, i ragazzi non sbagliano un colpo, dimostrando di possedere già una classe definita e personale.
Un debutto granitico tra influenze sabbathiane e visioni psichedeliche
L’opener Living Fast In An Ancient Land si candida a diventare un cavallo di battaglia: l’anima rock si presenta subito (e sarà una presenza costante, un piacevole retrogusto lungo tutto l’ascolto), manifestandosi con strofe trascinanti (alla Cathedral, per intenderci) e un ritornello al tempo stesso suadente e sporco. La title track avanza invece maestosa alla Black Sabbath, lasciando dietro di sé un’eco epica. Song of The Sun sarà probabilmente uno dei brani con cui legherete più facilmente, grazie al suo ritornello immediato. Davvero ottimo lo “scippo” dal taccuino degli appunti di Lee Dorrian.
Con Eternal Sea ci si immerge in otto minuti che riassumono perfettamente tutte le caratteristiche del gruppo: una sola canzone che li raffigura nella loro bieca potenza. Più diretta, breve e immediata è Dance Of Dionysus, altro pezzo forte del disco. Ma non è finita: Circle Of Stone (una delle mie preferite) ha strofe sussurrate e un finale granitico; Higher si muove sui binari dell’ultra-classico doom rallentato, mentre Hermetic Order Of The Golden Dawn chiude in bellezza con un crescendo che merita ascolto attento per essere pienamente goduto.
Call of Avernus è un lavoro di grande valore, frutto di una passione sincera e ostinata. La stessa passione che saprà scuotere le persone giuste e guidarle verso un acquisto che, sotto certi aspetti, appare quasi obbligato.
Cinquanta minuti espressivi e gloriosi, pronti a serrare i ranghi. Questa squadra stoner/doom metal è più che pronta a sferrare il suo attacco al mercato discografico.
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70%
Riassunto
Catacomb Records (2010), HeviSike Records (2015)
Tracklist:
01.Living Fast in an Ancient Land
02.Call of Avernus
03.Song of the Sun
04.Magick Lantyrn
05.Eternal Sea
06.Dance of Dionysus
07.Circle of Stone
08.Higher
09.Hermetic Order of the Golden Dawn