Split All The Shells – Prossemica

Rabbia dal sud della Sardegna con gli Split All The Shells ed il loro debutto Prossemica.

L’ep si presenta intrigante già in principio (anche se la copertina fa intravedere solo la parte inquietante della loro musica, il lato principale verrà scoperto solamente inforcando il prodotto), la voglia di far vedere le proprie carte è tanta (mi par ovvio) ed evade molto bene da questi veloci 18 minuti complessivi.

Il gruppo arriva zitto zitto in punta di piedi e se ne torna a casa con il carico bello pieno; eh si, perché l’ascolto di questo ep sconquassa altamente, prima violenta e poi dilania, dopodiché sarà pronto per tornarsene al proprio sicuro rifugio, laddove tutto è stato creato, il posto segreto dove le conchiglie vengono accuratamente catalogate.

Di idee parrebbero averne tante gli Split All The Shells tanto più che Prossemica riesce nell’insano gusto di farti salire l’appetito su discreti livelli salvo poi togliertelo subito grazie a logiche ed ovvie questioni di tempo. Una prima presenza tosta, quasi privata in principio della paura di osare, si avvertono duplici personalità all’interno delle loro composizioni tanto che diventa -ad oggi- impossibile riuscire a capire dove potranno finire in futuro. Vincerà il lato alternativo oppure quello aggressivo?

Ma sarà meglio continuare a spendere qualche parola su quello che ci ritroviamo oggi fra le mani invece che perdersi su quello che potrà essere. Prossemica è il loro urlo di presentazione, la proposta agisce in un campo d’azione che parte dal crossover degli anni ’90 sino ad arrivare all’attuale metal/hardcore bello “viulento” ed urlato. La sofferenza vocale è pressoché continua, poco importa lo stile adoperato, si passa dall’urlo strozzato al vocione profondo senza omettere momenti “fuori dalle righe”, se provate ad immaginare quello che facevano un tempo Slipknot e Korn arriverete abbastanza vicini al traguardo ancora prima di percorrerlo.

Prossemica nella sua breve durata spiazza, lo fa perché sa aprire e chiudere porte in continuazione (diciamo che non correrete mai il rischio di addormentarvi), la produzione è coriacea e riesce a dar vita agli strumenti che di fatto non si vedono soffocati da chili e chili d’inutile plastica. Così avverti tutta la presa diretta necessaria, ma allo stesso tempo arrivi a goderti pienamente l’impatto, questa particolarità non tutti riescono ad ottenerla ed è sicuramente una sensazione in forte disuso (molte volte volontario?) oggigiorno. Qui ti arriva il piacere di chi sta suonando dall’altra parte, il sacro flusso che passa “invisibilmente” fra musicista ed ascoltatore.

Un ascolto se lo meritano senz’altro se le cose sopra indicate possono ambire nel riuscire a creare un minimo di scompiglio alla vostra quotidianità. Ovviamente stare a parlare troppo bene o viceversa in questo momento è anche inutile, creare aspettative ora come ora non farebbe di certo bene alla band, ma dall’altro lato non è nemmeno giusto liquidare la questione così velocemente.

Il primo guscio è stato posizionato ed è uno spasso ascoltarlo, ovviamente a patto che la vostra politica non vi porti sempre e solo al cospetto dei gruppi più famosi che tutto, o quasi, sempre si pigliano.

Riassunto

Autoproduzione (2014)

Tracklist:

01.I
02.Monologue
03.Era of a Thousand
04.Wrangle
05.II
06.Code of the Onions

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