Aeon – Aeons Black: blasfemie dalla Svezia
Pensate a un buon 65-70% di Deicide, poi completate la percentuale con una letale dose di Morbid Angel. Una volta messo a fuoco questo mix, immaginate cosa potrebbe venire fuori se a suonarlo fossero musicisti svedesi. Ecco, alla fine di questo “complicato” ragionamento otterrete la materializzazione esatta degli Aeon. Una band che se ne infischia dei trend e della notorietà (leggi: generi più in voga al momento), per scagliare addosso agli incauti ascoltatori tutta la propria rabbia e blasfemia.
Lo fanno già da un po’, a dire il vero (questo è il quarto full-length), e Aeons Black non fa altro che ribadirlo con una raffica di killer songs, alternate ad alcuni brani che i Deicide odierni vorrebbero tanto essere in grado di scrivere.
Tracklist anomala ma funzionale: gli intermezzi e le “quasi” sorprese
La tracklist è un po’ anomala: oltre ai classici pezzi troviamo ben quattro brevi strumentali, che alleggeriscono leggermente il peso del demonio fatto musica. Alcune sono sorprendentemente melodiche, tanto da farci quasi dimenticare l’obiettivo principale (va beh, “quasi”…).
La produzione è uno dei punti di forza dell’album. Appare potente e chirurgica quando serve, capace di valorizzare al meglio le chitarre e un drumming sempre sul pezzo. C’è qualche brano meno convincente, va detto. Diciamo che gli Aeon ti catapultano inizialmente nel paese dei balocchi… per poi togliertelo improvvisamente dalla visuale. Resti lì nei paraggi, certo, perché il lavoro rimane comunque solido, ma un leggero calo qualitativo si avverte nella seconda metà. Almeno io l’ho percepito sin dal primo ascolto e la sensazione è rimasta.
L’opener Still They Pray è esemplare: o ti prende da subito, oppure tanto vale lasciar perdere, perché il “sugo” resterà quello per tutto il disco. Gli Aeon sono eccezionali quando rallentano e inseriscono versi alla Morbid Angel, come in The Glowing Hate (all’inizio la sfida tra le due band americane è equilibrata, poi inizia il dominio di quella di Glenn Benton). I Wish You Death si piazza al centro: anthemica e probabilmente la più memorabile sulla lunga distanza. Mentre Garden of Sin richiama subito alla mente quel gran disco che è Once Upon the Cross.
Notevole anche il riff iniziale della title track, una vera rasoiata, peccato poi si sfoci in uno di quei “famosi” pezzi meno riusciti. Invece Sacrificed è l’emblema perfetto della blasfemia che attraversa tutto Aeons Black.
Alla fine sarà un ricordo piacevole, di quelli che riaffiorano con un sorriso anche grazie alla perfetta combinazione tra musica e copertina (Kristian Wåhlin regala sempre gioie), capace di evocare sensazioni saporite e inconfondibili tipiche dei gloriosi anni ’90.
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66%
Summary
Metal Blade Records (2012)
Tracklist:
01. Still They Pray
02. The Glowing Hate
03. The Voice of the Accuser
04. I Wish You Death
05. Garden of Sin
06. Neptune the Mystic
07. Nothing Left to Destroy
08. Passage to Hell
09. Aeons Black
10. Dead Means Dead
11. Sacrificed
12. Aftermath
13. Blessed by the Priest
14. Maze of the Damned
15. Die by My Hands