À l’aube fluorescente – Taking My Youth: un esordio che brucia lento
L’arancione irrompe, plasma e irradia l’esordio di questa creatura abruzzese. Il libretto del CD, d’altronde, parla già molto e contribuisce a mantenere accese le fondamentali irradiazioni solari, suggerendoci a forza alcune opportune visuali. Brevi tralicci di memoria che andranno a unirsi alle nostre specifiche esperienze sensoriali. Gli À l’aube fluorescente, con Taking My Youth, arrivano a comporre quell’album che vorremmo sempre sentire da una formazione emergente.
Un disco composto e sensuale, un fuoco di passione giocato su tinte malinconiche. Era dai tempi del debutto dei Klimt 1918 che non mi sentivo così appagato per l’esordio di qualcuno in ambito alternative rock. Talmente vigoroso da poter soddisfare anche i seguaci degli Anathema. Anche in questo caso, oltre la normale e sacrosanta “derivazione” di fondo, troveremo chiari indizi che non potranno far altro che rimandare alla nazionalità del gruppo. Piccoli passi, piccole ossessioni. Certo, si tratta di aspetti ancora un po’ timidi, ma comunque perfettamente riscontrabili fra le note di queste nove piccole perle.
Un disco costruito con attenzione: ogni brano ha qualcosa da dire
Taking My Youth cattura per la sua preparazione. L’attenzione ai particolari è davvero notevole e arriva sino al traguardo reale: quello di saper plasmare un lavoro a modo, privo di momenti di stanca. Ogni singola canzone offre spunti da ricordare ed evidenzia la non comune capacità di fuggire dalla banalità, quando questa cerca di manifestare la sua ombra. Parliamo pur sempre parlando di particolari, elementi posti ai margini che possono lentamente distruggere l’entusiasmo.
L’intimità è già raggiunta sulle note corali e pragmatiche di Wiser. L’abbraccio della produzione, nel frattempo, gioca le sue armi liquide ma tutte da afferrare: potente e chiara nell’evidenziare ogni aspetto del sound. Crave (no other gods) è una danza incantatrice che farà la gioia di chi adora gli Anathema attuali, in qualche modo più tormentati.
La voce di Jacopo Santilli sarà infine l’ago determinante per le vostre preferenze: pacato e pieno di riguardi, non eccede mai, preferendo distendersi con naturalezza – senza fare troppo rumore – sulle note costruite (l’incedere della title track vale più di mille parole gettate al vento). Continuando, troviamo l’eterea The King Of Air Castles (dolce nenia che finirà fra le mie preferite dell’intero album), la pungente Lizard e l’accompagnamento nostalgico/nebuloso di Gloom. Animi sostenuti e miste sensazioni dolci e amare fluttuano su Brand New Stupid Words, mentre a chiudere ci pensa Venetian Green Room, con il suo candido ma ormai comprovato abbraccio.
Lentamente, con forza: il disco che cresce e conquista
Taking My Youth è il miglior auspicio per il presente. Un disco che comincia a camminare in punta di piedi e lentamente si propone di fare sempre più rumore. Una scalata che ci vedrà giocoforza protagonisti. Un sasso lanciato dagli À l’aube fluorescente contro il sole abbagliante: l’accecamento che procura cecità e curiosità di vedere da dove si ripartirà. Se gli chiederete troppo, magari vi deluderà, ma nelle giuste situazioni saprà sorprendervi e catturarvi. Al resto ci penserà la sua non poca longevità.
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75%
Summary
Overdub Recordings (2015)
Tracklist:
01. Wiser
02. Crave (No Other Gods)
03. Lover/Liar
04. Taking My Youth
05. The King Of Air Castles
06. Lizard
07. Gloom
08. Brand New Stupid Word
09. Venetian Green Room