Winterhorde – Underwatermoon: ambizione estrema e narrazione stratificata
Gli israeliani Winterhorde rilasciano con Underwatermoon un’opera ambiziosa e di non facile fruizione. O meglio, la loro musica non appare – a conti fatti – troppo “difficile”, ma lo sono senz’altro la forma (un concept scritto dal bassista Celestial) e lo svolgimento. Questa difficoltà è legata a pezzi spesso lunghi ed epici (che ben narrano gli avvenimenti), infarciti di cambi di tempo che alla lunga potrebbero “fondere” più di uno spettatore. La prima cosa da fare sarà riporre tanta – ma proprio tanta – attenzione sul disco. E ampie dosi di concentrazione andranno versate verso un prodotto che vuole solo farsi scoprire.
Underwatermoon, non contento della sua base cinematografica, offre anche una spiccata interpretazione di fondo. Si passa – come già detto – da lunghe suite epiche a momenti schizzati a loro modo, quasi incontrollati. Non mancano le classiche parti narrate (per quando si sceglie questo particolare approccio), né discese sonore in campo heavy classico. Alla fine lo si può definire (stranamente, ma anche molto facilmente) come un disco di metal estremo ad ampio raggio. Un lavoro a cui piace eccedere, mantenendo però fede a una salda idea di fondo, prima pensata e poi realizzata con opportunismo.
Dall’intro cinematica al cuore narrativo: Wreckages Ghost prepara il terreno
Premurose cure si percepiscono fin dall’intro The Shell (sarà la copertina o chissà cos’altro a ricordarmi terribilmente The Wake of Magellan dei – qui poco inerenti – Savatage), che in due minuti apparecchia meticolosamente la tavola. La prima vera canzone prende il nome di Wreckages Ghost e mette in vetrina tutto ciò che ascolteremo lungo l’album: situazioni narrate, momenti tirati, sprazzi di melodic death e cantato pulito. È incredibile sentire la scioltezza con la quale i Nostri affrontano un pezzo certamente non semplice.
La title track e Hunting the Human (con quest’ultima si sconfina in territorio death) fanno emergere due ulteriori termini di paragone – per quanto non sia affatto facile farne – come Borknagar e Cradle of Filth (si evince come la linearità non sia il loro punto forte). Il mescolamento del pentolone è portato avanti da Execution, che passa da toni trionfali fino a retaggi heavy/thrash.
L’intermezzo, il crescendo e il ricordo: tastiere e chitarre dialogano bene
Le tastiere sono uno strumento mai secondario e quindi fondamentale per la riuscita complessiva di Underwatermoon. Regalano i loro momenti migliori nell’intermezzo And Flames Wept to Heaven e nella lunga The Curse of Gypsy (il mio apice personale qui, assieme a Wreckages Ghost e The Martyr and Deliverance). Delirium mostra ottime linee di chitarra (e un bel finale che riporta ancora alla memoria i Borknagar), così come Tenth Wave, che dal maestoso inizio snocciola diversi lampi di classe (vedasi strofe e colorazioni alla Pink Floyd).
The Martyr and Deliverance arriva per consolidare (scacciando un possibile momento di stanca), grazie a una costante e vibrante personalità – quasi progressive in alcuni frangenti – prima di lasciare il palcoscenico alla degna conclusione con Farewell (sempre vincenti i Winterhorde quando tendono a “melodicizzare” le chitarre su certi ritmi sostenuti).
Underwatermoon cerca di osare e quindi spaccherà con forza la propria platea. Rappresenta però anche la giusta strada da percorrere per un gruppo così preparato e sicuro delle proprie capacità. Se sapranno migliorare qualche veniale battuta d’arresto, cominceranno a piovere anche i cosiddetti “capolavori”. Chi non cerca punti di riferimento troverà pane per i propri denti. Ci sarà solo da mettere in conto l’abbondante ora di compagnia che ci vorrà per digerire il tutto.
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69%
Summary
Twilight Vertrieb (2010)
Tracklist:
01. The Shell
02. Wreckages Ghost
03. Underwatermoon
04. Hunting the Human
05. Execution
06. And Flames Wept to Heaven
07. The Curse of Gypsy
08. Delirium
09. Tenth Wave
10. Smoke Figures
11. The Martyr and Deliverance
12. Farewell