Gli Amouth attuano già in partenza delle idee così chiare da creare subito rilucente impressione, i Nostri suonano con stile ed eleganza (mai eccessiva), creano ambienti sinuosi facendo pure intendere una bella voce grossa, una voce che sembra dirci: “Guardate e sentitene bene tutti, è così che deve suonare un disco post metal di esordio“.
Ma aldilà delle canzoni e delle produzioni, aldilà di tutte quelle belle cose che generalmente contribuiscono al gusto preciso di un album, aldilà di tutto questo, troveremo “anima” su Awaken, una piccola composizione magnetica già bella che definita, fatta e formata, forse ancora troppo timida per tentare una sortita più decisa, ma già pronta per lasciare un segno importante.
In tal modo potrete ascoltare, avvicinarvi ad Awaken, vi farete sicuramente le vostre ragioni riguardo canzoni e situazioni (inevitabilmente come ogni cosa “o piace o non piace”, si può fare poco a riguardo), ma non potrete rifiutare, respingere quella vaga sensazione animatrice di un linguaggio sottile, forse impercettibile ed organico, piccole punzecchiature riscontrabili qui un po’ ovunque.
Scelgono dunque di promuovere la parola della semplicità per questo prima fatica. Awaken è suonato bene (la produzione fa brillare e vibrare ottimamente gli strumenti), mentre il songwriting sembra voler seguire una strada dritta (forse ancora per poco?), giusto per non sconvolgere ulteriormente l’audience (al momento saranno sufficienti e strutturate armi di ricordo e malinconia a creare trame) già intrattenuta da ben altri pensieri.
Sarà il magnetismo strumentale a mietere vittime, divagazioni ciondolanti (la mente è libera di vagare) sulle quali si appoggia un cantato mai stabile nei colori, ma sempre giusto quando si tratta d’immortalare la sensazione di un preciso momento. Sulla strada incontreremo due “paletti ambient” di pochi minuti (l’intro Il Neige e Untold) e quattro canzoni di un certa consistenza (si va da un minimo di sei minuti al massimo di dieci e passa), tutte completamente asservite alla liberazione di personalissimi meccanismi interni.
Non concedetevi l’opportunità di ignorare la solidità di Awake, il passionale crescendo di The Priest, la strisciante profondità di City of Gold o l’antro magnetico dal nome di Departure. Necessiterà solamente un secondo ripasso per accogliere al proprio interno sfaccettature o altre piccole concatenazioni del caso.
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Summary
Autoproduzione (2014), Dingleberry Records, Time As A Color, Drown Within Records, Shove, Oceano Records, Indelirium Records (2015)
Tracklist:
01.Il Neige
02.Awake
03.The priest
04.City of gold
05.Untold
06.Departure