Smohalla – Ruina Draconis

Gli Smohalla spezzano dodici anni di silenzio dal primo album con l’uscita di Ruina Draconis

Nel 2011, durante l’ascolto del debutto Résilience, mi chiedevo dove potessero arrivare con la loro musica i francesi Smohalla; la risposta è finalmente arrivata grazie a Ruina Draconis. Di certo non avrei mai potuto immaginare che, per ascoltare qualcosa di nuovo da loro, avrei dovuto aspettare fino al 2025.

Il disco (per chi li conosce già sarà facile immaginarlo) si muove su binari altamente imprevedibili. Anche dopo diversi ascolti, l’orientamento non risulta ancora del tutto “centrato” e il rischio di perdersi diventa pressoché certo. Tuttavia, si tratta di un “bel perdersi”, perché le intuizioni offerte dagli Smohalla su Ruina Draconis non appaiono mai campate in aria, hanno il fuoco dentro e lasciano pesanti impronte del loro passaggio.

Il sound degli Smohalla si distingue ancora una volta per la sua natura visionaria e multilivello. In questa orbita il black metal si trasforma in un viaggio complesso e mai scontato, talvolta lambito da lampi atmosferici d’alta classe. Le composizioni mostrano un’ampia gamma dinamica, esplorano in continuazione e da esplosioni di rabbia controllata possono passare a momenti ambient/elettronici evocativi.

Strutture complesse e tensioni melodiche: l’alchimia di Ruina Draconis

Nonostante la complessità delle strutture, permane un’armonia interna che esalta una scrittura capace di coniugare un’oscurità tangibile con la violenza e una tensione melodica sempre coinvolgente. In questo “teatro” sonoro, la voce si declina in molteplici forme, alternando urla selvagge a tonalità eteree, dando vita a un’esperienza immersiva che avvolge l’ascoltatore in una dimensione stordente, quasi soprannaturale.

L’abbraccio sotto pressione dell’opener Ecclesia Obsessa ci trascina immediatamente nella furia compositiva degli Smohalla. Una furia che ritaglia costantemente spazi vocali variegati, impossibili da ignorare o da cui lasciarsi cullare. Le mutazioni sono numerose, a tratti nevrotiche, ma col tempo trovano sempre strade e un loro equilibrio. È chiaro: qui diversi ascolti sono obbligatori prima di potersi esprimere con cognizione, in un senso o nell’altro.

Stranezze avant-garde bene incanalate che in base alla loro esposizione si prenderanno una nostra fetta di passione. Non si spiegano altrimenti gli effetti ridondanti di una canzone come Varon, così distruttrice e persuasiva allo stesso livello (il suo finale è di una potenza emotiva notevole). A seguire abbiamo la strumentale Et Mortui Iudicabuntur, altro tassello fondamentale che ci “libera” momentaneamente di una presenza vocale molto presente, intensa, davvero molto curata.

Cantica Servi Sufferentis: incantesimo, dannazione e vertigini sonore

Cantica Servi Sufferentis è incantesimo e dannazione, una distruzione lenta e autoritaria che ci trascina con il suo passo erosivo attraverso spiragli epici. È musica che non si può descrivere senza esserne completamente inghiottiti. In poche parole: uno degli apici assoluti del disco.

Clean vocals e synth aprono in modo atmosferico In Stagno Ignis Serpens Antiquus, un brano che si libera del proprio mantra solo negli ultimi minuti, svelando lentamente la sua natura più violenta. Con Homunculus rimarremo in sospensione, cullati da linee vocali altamente persuasive, che anticipano i tre minuti strumentali conclusivi di Paraclet.

Dodici anni di attesa, dodici anni di dislivelli che ora colpiscono con tutta la loro forza. A guidare il rituale Ruina Draconis, l’etichetta calzante: I, Voidhanger Records, custode ideale del veleno sonoro emanato dagli Smohalla. È solo quando si osa ed esplora davvero che prendono forma lavori di questo livello. Il progetto francese continua a seguire la propria strada e i risultati danno loro ragione.

80%

Summary

I, Voidhanger Records (2025)

Tracklist:

01. Ecclesia Obsessa
02. Varon
03. Et Mortui Iudicabuntur
04. Cantica Servi Sufferentis
05. Deimos Sepultus
06. In Stagno Ignis Serpens Antiquus
07. Homunculus
08. Paraclet

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