CDXXXII Thousand Years of Crime and Murders: Una gelida apoteosi a firma Raventale
Ogni volta che compare il monicker Raventale parte automaticamente il “top album” di turno. E’ stato così quando ho trattato Transcendence e Planetarium, è così anche oggi in occasione del dodicesimo disco recante il nome di CDXXXII Thousand Years of Crime and Murders.
Ci sono volute una pandemia e una guerra per rallentare l’urgenza e la prolificità di Astaroth Merc. Dal primo album На хрустальных качелях (On a Crystal Swing, anno 2006) il progetto si è distinto per costante efficacia e qualità. Ora, a cinque anni dall’ultimo Planetarium II, la curiosità per del nuovo materiale era davvero molta.
L’inclinazione a scherzare non c’è mai stata, oggi meno che mai, tanto che l’album si spinge con decisione verso il versante black metal della questione. L’inizio di CDXXXII Thousand Years of Crime and Murders non lascia spazio a dubbi: dopo la breve introduzione intitolata Shamatha parte l’immensa, divorante Deathmarch etutto letteralmente si azzera. L’abbraccio con la musica dei Raventale si compie, e chi ne comprende il significato può solo stare fermo a ringraziare.
Cattiveria e fame: Sono queste le ombre che pervadono l’album
Quello che emerge subito è la volontà di costruire un’opera compatta e implacabile, senza però snaturare il marchio tipico che prosegue imperterrito nella proposta di pochi brani dalla lunga durata. Questo significa ascoltare Raventale. E le quattro composizioni presenti su CDXXXII Thousand Years of Crime and Murders giungono a noi per riporre e saldare il concetto. La cattiveria e la fame fanno da sfondo a tutto il prodotto, insinuandosi in note grondanti di sangue, sacrificio, tragiche sinfonie e sporcizia.
L’apertura si presenta implacabile, da cui emerge una violenza sonora che si abbatte sull’umanità come un giudizio severo, carico di drammaticità e percepibile in ogni istante. Credo Deathmarch sia la mia preferita a questo giro (ma vi avviso che sarà difficile scegliere), l’intensità sprigionata è davvero spropositata. Parliamo di un vero e proprio rullo compressore che si eleva con stacchi capaci di regalare un’interpretazione viscerale e da pelle d’oca.
La voce di Astaroth Merc aggiunge un’intensa malvagità all’insieme, creando un tutt’uno assolutamente annichilente. Le sensazioni arrivano puntuali e risultano profondissime, senza bisogno di rallentare troppo il ritmo.
Vogliamo parlare della qualità del riffing? Se la già citata Deathmarch non fosse sufficiente, arrivano in successione la martoriata e aspra Extinction Protocol (un passaggio in particolare ci riporta ai fasti dei Dimmu Borgir), la cinica frustrata di Misanthrope (il cui finale è a dir poco disturbante!), prima che tutto venga avvolto dalle corde tese e taglienti delle chitarre di Kali Yuga Code.
Non c’è che dire: per l’ennesima volta bisogna ringraziare Raventale per la sua musica. Riesce ogni volta a sorprendermi senza far calare l’intensità che qui domina sovrana. Lasciatevi travolgere da questo turbine ruggente ed emotivo. La cattiveria e la fame fanno da sfondo a tutto il prodotto, insinuandosi in note grondanti di sangue, sacrificio e sporcizia.
Summary
Ashen Dominion (2025)
Tracklist:
01. Shamatha
02. Deathmarch
03. Extinction Protocol
04. Misanthrope
05. Kali Yuga Code
06. Gasmask View