Oakenshield – Legacy

Tra rune e flauti: il ritorno di Oakenshield con Legacy

Bello vedere il percorso di un’etichetta come la Einheit Produktionen. Passano gli anni, le ere, ma loro sono sempre lì a rilasciare dischi pagan/viking/folk come se il tempo si fosse misteriosamente fermato al periodo delle loro prime e ancora timide uscite. Questa si chiama devozione, voglia, piacere di svolgere il proprio lavoro. Per una volta posso evitarmi la manfrina riguardante mode varie ed eventuali che tale filone ha saputo generare. Stessa cosa si può dire per il gruppo qui in esame. La one-man band inglese Oakenshield.

Nonostante i quattro anni passati dal primo Gylfaginning, il factotum Ben Corkhill si ritrova ancora dentro al suo genere, traboccante di voglia, passione e divertimento. Il disco respira aura nordica a pieni polmoni, e i più attenti non potranno che riscontrare anche quel tipico gusto pagano che accomuna spesso tutte le più famose incarnazioni inglesi – o lì limitrofe – appartenenti al medesimo genere.

Il déjà vu del folk: melodie che ritornano e fanno vibrare

Spesso, in campo folkloristico, assistiamo a motivi presi da “famosi” pezzi popolari: autentici omaggi adagiati ad uso e consumo sulla propria musica. Non so quante volte mi è capitato di dire “questo momento l’ho già sentito da qualche parte, ma chissà dove” (ci vorrebbe l’enciclopedia del “folkettaro” sempre aggiornata). In questo caso, l’intro Northreyjar fuga ogni dubbio, e nella prima Earl Thorfinn non si potrà che finire ad esclamare prepotentemente “Oppi Fjlett!”, autentico tormentone targato Storm (e così si ritorna alle radici norvegesi). Davvero troppo facile intuirlo, ma doverosa e immancabile citazione.

Legacy soddisferà la branchia pagan/folk e relative forze a seguito. È arioso e dalle intenzioni vagamente easy (nonostante la rude voce che si alterna perfettamente con un grazioso cantato pulito). Si intravedono verdi pianure, colline sferzate dal vento e pericolanti taverne in lontananza (piene di luridi viandanti che rifuggono dalla “festa”). Perfetto esempio è Clontarf, canzone in grado di far risaltare anche il cuore più depresso grazie a certe sue melodie (lacrime di rammarico). Imperversano flauti e tastiere, strumenti che giocano un ruolo fondamentale e sempre a favore di un certo ammorbidimento del sound. La voce di Ben si sposa perfettamente con l’appalto sonoro. Non è mai esageratamente estrema, appare grattata, epica e densa d’alcool stagionato, rendendo il mondo Oakenshield vario ed eclettico.

Legacy: un viaggio musicale senza sbavature, tra luce e malinconia

Su Legacy trionfano aspetti lineari. Mi è praticamente impossibile scegliere anche un solo brano di maggior spicco: sono tutti piacevoli e “colorati”, come raggi di sole che filtrano oltre la pioggia. Jorvik, Wen Heath, Eternal As The Earth o la lunga The Raven Banner (il duetto vocale mi seduce in maniera del tutto speciale). C’è davvero l’imbarazzo della scelta per passare un bel pomeriggio primaverile “finto-aggressivo”. Legacy è pulito, levigato ad hoc e privo dunque di eventuali sbavature, il classico disco da riascoltare più volte e con dovuto entusiasmo (nonostante le etichette che contano non facciano esattamente per lui).

Oakenshield: due album e due strike giunti sino a questo punto. Lo scudo regge più che bene nell’attesa di un altro colpo. Esigenza e forza di “rinculo” aumenteranno però: non sarà facile tenersi in linea.

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Summary

Einheit Produktionen (2012)

Tracklist:

01. Northreyjar
02. Earl Thorfinn
03. Jorvik
04. Mannin Veen
05. Wen Heath
06. Clontarf
07. Eternal as the Earth
08. The Raven Banner

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